Inaugurazione giovedì 19 gennaio alle 18 nella sede di via Tollegno 52 a Torino
Dal 19 gennaio al 28 febbraio 2023 le sale espositive della Fondazione Giorgio Amendola e dell’Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi, in via Tollegno 52 a Torino, ospiteranno la mostra di Stefano Levi Della Torre“Dipinti e disegni”: 45 opere a olio che coprono oltre 35 anni di attività, dal 1985 al 2022, e spaziano dai ritratti (e autoritratti) agli interni, dai paesaggi agli animali.
All’inaugurazione, che è fissata giovedì 19 gennaio alle ore 18, saranno presenti – oltre all’artista – Giovanna Galante Garrone, critica e storica dell’arte; Pino Mantovani, artista, le cui opere sono state recentemente esposte proprio presso la Fondazione Amendola; e Cesare Pianciola, accademico e saggista.
NOTA BIOGRAFICA
Stefano Levi Della Torre (Torino 1942) è laureato in architettura e già docente al Politecnico di Milano, città
dove vive. È pittore e scrittore di saggi e libri di argomento ebraico, storicopolitico, e di critica d’arte.
Tra le sue pubblicazioni: Mosaico, attualità e inattualità degli ebrei, Rosenberg e Sellier, Torino 1994; Essere fuori luogo, il dilemma ebraico tra diaspora e ritorno, Donzelli, Roma 1995 (Premio Pozzale – Luigi Russo 1995); Zone di turbolenza, intrecci somiglianze conflitti, Feltrinelli, Milano 2003; Il forno di Akhnai, una discussione talmudica sulla catastrofe (con Yoseph Bali e Vicky Franzinetti), Giuntina, Firenze 2010; Laicità,
grazie a Dio, Einaudi, Torino 2012; Realismo di Dante, disegni e letture della Divina Commedia, Morcelliana, Brescia 2014; Dio, Bollati Boringhieri, Torino 2020.
Principali mostre personali: Galleria Documenta, Torino 1989; Galleria Del Cenasco, Moncalieri (To) 1998; 56 Gallery, Milano 2006; Casa Natale di Raffaello, Urbino 2009; Comunità Ebraica di Casale Monferrato, 2011; Casa dell’Acqua, Milano 2021.
AUTOPRESENTAZIONE
Ogni età è un’esperienza nuova, e questa mostra è nuova per me a ottant’anni. Non l’ho impaginata per date, ma a seconda di come i quadri si parlano e si richiamano l’un l’altro. Ora ascolto la conversazione tra loro e tra le mie diverse età. La pittura, che è un impegno serio e insieme un gioco, comporta di mantenere vive le proprie età diverse, e soprattutto l’infanzia, il tempo in cui l’ignoranza delle cose è massimamente feconda di curiosità e di stupore, moventi di ogni immaginazione poetica. (…)
La pittura è per me come un gioco in cui piace vincere e dispiace perdere. Perdere significa che l’impulso e l’immaginazione che ci aveva spinto ai pennelli la ritroviamo poi sulla tela afflosciata, una buccia svuotata; vincere significa che quel che risulta sulla tela ci sorprende, ci dice qualcosa che non sapevamo, o che non sapevamo di sapere. Talvolta questo risultato lo rifiutiamo perché non corrisponde al nostro progetto, ci sembra un errore, un’anomalia deforme che ci rinfaccia una nostra incapacità; e magari col tempo, quando rovistiamo nel cumulo dei quadri accantonati, qualcuno ci pare invece ricco di sensi inattesi, come se intanto i colori e le loro forme e materie avessero lavorato in silenzio, nella chimica del dipinto e dentro di noi. E quel che ci aveva feriti perché c’era sembrato fuori controllo, proprio per questo ci appare una più o meno grande rivelazione di ciò che non sapevamo di sapere, o che abbiamo imparato nel frattempo.
Redazione contg.news