I templi della ricerca scientifica di Luca Roverselli : sull’orlo dell’infinito

Il 16 febbraio del 1672 Isaac Newton scrisse uno dei più importanti articoli nella storia del pensiero scientifico occidentale. Da alcuni anni egli stava conducendo una serie di esperimenti che avevano come obiettivo quello di riuscire a separare i vari colori della luce, scomponendoli dalla luce bianca proveniente dal Sole. Newton aveva capito che ciò che si proponeva sarebbe stato possibile con l’uso di un particolare tipo di prismi in vetro. Con quella tecnica egli riuscì a provocare la rifrazione della luce incidente nel momento in cui attraversava il prisma e ottenne così la separazione dei sette colori fondamentali, quelli che compongono anche l’arcobaleno e che dal più basso di frequenza al più elevato sono: rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco e violetto. Per sei lunghi anni il grande scienziato inglese replicò le sue esperienze sperimentali, ripetendole con diversi accorgimenti e anche integrando alcuni sistemi di prismi, per stabilire se fosse possibile scomporre ulteriormente la luce solare bianca e produrre ulteriori colori. Newton si accorse che quella suddivisione era di fatto impossibile e concluse correttamente che quelle sette tonalità monocromatiche della luce rappresentavano i suoi colori fondamentali.

il disco di Newton che ricompone la luce bianca

Egli riuscì anche ad ottenere il procedimento inverso e ricomporre la luce bianca, partendo da un disco dipinto a settori colorati che riproducevano i vari colori della luce. Quello strumento è noto appunto come disco di Newton. Facendolo ruotare rapidamente, i colori si rimescolano e il disco appare con un aspetto biancastro. Per ottenere quell’effetto si deve notare che lo scienziato dovette attingere alle sue conoscenze di alchimista, infatti i colori, sul disco, devono occupare settori di proporzioni diverse, che corrispondono agli intervalli della scala musicale dorica.

il gigantesco rivelatore di onde gravitazionali Virgo – presso Pisa bb

Quell’esperimento fondamentale che aveva mostrato per la prima volta i colori che si celavano dietro al velo della luce bianca, era stato realizzato con l’ausilio di un semplice prisma di vetro. L’apparato sperimentale era semplicissimo e per sondare il mondo era sufficiente servirsi di qualcosa che si poteva reperire nelle immediate vicinanze delle nozioni note. Un prisma trasparente e un disco colorato potevano mostrare la natura nascosta e insospettata di quel mondo che gli uomini erano abituati a vedere, per generare così meraviglia. Quello stupore proveniva dal primo velo che separava la natura umana dalla struttura intima delle cose. A quel tempo cade il primo velo del pregiudizio intuitivo e l’osservazione del mondo fisico rende evidente agli scienziati che le cose stanno diversamente da come la percezione umana ordinaria potrebbe suggerire. La luce non si limita ad essere semplicemente come la vediamo, ma possiede una sua struttura interna che si palesa a noi solo attraverso ingegnosi artifici tecnici in grado di mostrarla. Quello è il primo passo e gli strumenti capaci di squarciare quel primo velo sono quindi direttamente a contatto con la natura e con la coscienza dell’osservatore umano.

Immanuel Kant che scoprì le strutture della coscienza

Essi sono perciò costituiti da attrezzi e da procedimenti logici ancora piuttosto semplici e direttamente intuibili a partire dalla comune logica linguistica che guida le intuizioni della nostra specie homo sapiens. Nei secoli successivi la ricerca umana che tentava di sondare la struttura che sta alla base di tutte le cose si è dovuta via via allontanare dall’ambiente confortevole che si trovava nelle immediate vicinanze delle percezioni ordinarie e gli strumenti necessari per quell’esplorazione divenivano sempre più imponenti e sempre più difficili da realizzare. Quando l’intelletto dell’uomo è costretto a spingersi tanto lontano dal mondo nel quale si è formato e si è evoluto, allora le sue strutture logiche sono costrette a produrre uno sforzo supremo. In quella realtà così diversa da tutto ciò che gli è noto, l’intelletto deve individuare un tipo di interfaccia che sia in grado di mostrargli una sezione seppur piccola di quel nuovo mondo. Il nostro stato di coscienza di esseri umani occidentali di questo tempo – la nostra Ragion Pura, direbbe il grande filosofo tedesco Immanuel Kant che aveva trattato a fondo il problema della percezione e della conoscenza – ha infatti un tipo di limitazione assoluta, di tipo qualitativo e non quantitativo. Spesso si sente dire negli ambienti della divulgazione che noi vediamo una piccola sezione del mondo fisico perché i nostri occhi sono sensibili ad una banda molto limitata di frequenze e il nostro udito ci permette di udire, in modo analogo, i suoni relativi ad un intervallo parziale di frequenze acustiche. Quel tipo di limitazione è però a tutti gli effetti parziale, infatti, per risolvere il problema, è sufficiente utilizzare gli strumenti idonei che sono perfettamente realizzabili con le attuali tecnologie. In tal modo tutta quella gamma di frequenze divengono immediatamente rilevabili. Quindi è vero che non riusciamo a vedere il colore ottico dell’infrarosso, ma possiamo ugualmente mappare il campo che sta al di sotto del colore rosso attraverso opportune strumentazioni e così avviene per le frequenze più elevate del violetto o per i suoni che si trovano al di fuori dell’udibile. La limitazione di cui stiamo parlando è invece molto più fondamentale e in questo caso non si tratta di realizzare uno strumento in grado di rivelare qualcosa. La struttura più intima del mondo si è infatti rivelata essere completamente diversa da ogni idea che possa essere prodotta dall’intuizione umana, che estrapola per forza di cose dal suo noto. Qui spazio e tempo sono solo strutture che svolgono il ruolo di interfaccia per l’osservatore umano ma al di sotto di essi l’universo reale ha una natura del tutto diversa da ciò che possiamo immaginare. La “visualizzazione” di quella realtà così distante da noi risulta un concetto addirittura privo di senso! Per entrare in contatto con un ambiente così diverso da tutto ciò che ci e noto fin dagli albori della nostra storia, è necessario infatti farlo attraverso leggi della natura che non hanno corrispettivi nelle nostre esperienze quotidiane. Non hanno corrispettivi neanche all’interno dei nostri pensieri e nelle nostre sensazioni ed esistono solo se restano costantemente ed assolutamente separate dalla coscienza di un osservatore. Se vogliamo in qualsiasi modo sbirciare dentro a quella realtà, anche indirettamente, delegando uno strumento a farlo, essa scomparirà come un incantesimo. Lo sappiamo ormai da più di novant’anni, da quando per la prima volta è stato realizzato il celebre esperimento della doppia fenditura. In quell’esperimento è apparso chiaro che, se abbiamo una scatola chiusa con due piccole fenditure parallele su di un lato e una pellicola fotografica al suo interno, posta sul lato opposto, quel supporto sensibile mostrerà una figura di interferenza ed essa apparirà anche facendo transitare attraverso i piccoli tagli una particella alla volta. La particella infatti interferisce con la realtà profonda di se stessa che i fisici chiamano funzione d’onda. Se però la nostra coscienza vuole andare a sbirciare e posiziona un rilevatore dietro a una delle fenditure, allora lo stato di coscienza umano vede ciò che può scorgere e la funzione d’onda scompare, lasciando il posto a una macchiolina nel punto dove una comune particella classica colpisce la pellicola. Era la prima metà del secolo scorso e da allora l’indagine dell’intelletto umano si è spinta sempre più lontano, fino ad esplorare la struttura ultima dell’universo fisico, alla ricerca della legge fondamentale che regge tutta la realtà. Durante questo lungo e difficile cammino la coscienza dell’uomo ha dovuto successivamente interpolare sempre di più dal luogo nel quale si è formata e si è evoluta, forzando sempre di più le strutture delle quali essa è costituita. Il nostro stato di coscienza non può uscire dalla rappresentazione del mondo all’interno delle sue strutture primarie che sono quella dello spazio tridimensionale e quella del tempo lineare. Anche durante le fasi più fantastiche che possiamo vivere nel corso dei nostri sogni notturni, ci rappresentiamo inevitabilmente gli eventi di cui abbiamo esperienza all’interno di quelle due categorie.

interazione di una particella con la doppia fenditura. a sx con un rivelatore e a dx senza sbirciare nella scatola

In quei sogni possiamo volare e possiamo ritornare bambini, ma sempre rappresentandoci il mondo nello spazio e nel tempo, che sono le forme pure a priori attraverso le quali si manifesta la nostra coscienza, come aveva osservato Kant quasi due secoli e mezzo fa. Oggi sappiamo che Kant aveva ragione e gli scienziati sono consapevoli che la realtà profonda dell’universo si nasconde alla vista degli esseri umani. La creazione di interfacce capaci di connetterci con quella realtà è divenuta nel tempo sempre più impegnativa e la sua realizzazione attraverso opportuni laboratori è diventata sempre più imponente, richiedendo artifici sempre più complessi per la loro realizzazione. Se a Newton era sufficiente un prisma di vetro per tagliare il primo velo del pregiudizio intuitivo, oggi è necessario realizzare laboratori immensi, che utilizzano tecnologie che si spingono oltre i loro stessi limiti. Il grande acceleratore di particelle installato al CERN di Ginevra funziona all’interno di un tunnel sotterraneo che ha una circonferenza di ben 27 chilometri.

Isaac Newton

Chi ha avuto l’occasione di visitarlo, rimane stupito da un fatto straordinario: gli appare rettilineo. La sua lunghezza infatti è tale da sembrare localmente diritto. Esiste un trenino interno per percorrerlo e ogni tanto il tunnel si apre improvvisamente a formare immensi ambienti delle dimensioni di una cattedrale, necessari ad ospitare i complessi e monumentali rivelatori che sono in grado di dare una fugace occhiata sul mondo reale.

scomposizione della luce attraverso un prisma

L’interazione fondamentale della natura con le caratteristiche più affascinanti è senz’altro la gravità, perché ha la caratteristica di manifestarsi a livello macroscopico, nel mondo che percepiamo tutti i giorni. La possibilità che essa sia qualcosa di fluido si rivela particolarmente affascinante proprio per il fatto che premetterebbe di manipolare lo spazio-tempo: proprio il mondo del quale abbiamo esperienza diretta. Da alcuni anni gli scienziati hanno osservato le onde gravitazionali che sono proprio propagazioni di questo tipo. Per rendere possibile un tale risultato è stato necessario realizzare tre rilevatori di dimensioni gigantesche, due negli Stati Uniti, i LIGO e uno in Italia, il Virgo, presso Pisa.

un tratto del tunnel dei laboratori del CERN di Ginevra

Ogni rilevatore è costituito da due bracci lunghi alcuni chilometri, che formano una gigantesca L e lungo di essi due fasci di luce laser sono sensibili al transito dell’onda gravitazionale. La precisione necessaria a rilevare l’onda è inimmaginabile e per ottenere tali prestazioni e stato necessario spingere ai limiti estremi le tecnologie a nostra disposizione. Le interfacce necessarie ad osservare mondi sempre più lontani da noi diventano sempre più imponenti ed onerose da realizzare e gli artifici concettuali idonei ad ideare gli esperimenti sono sempre più ardui da individuare. Siamo giunti sull’orlo dell’eterno e il passo successivo sarà epocale.

Luca Roverselli-Redazione

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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