In questa Domenica siamo invitati a riflettere sulla preghiera, in modo particolare su come ci rapportiamo con Dio e con gli altri quando preghiamo.
Due figure ci vengono presentrate da Gesù, quella del fariseo e quella del pubbliucano, due atteggiamenti differenti tra loro, tutte e due si recano al Tempio, tutte e due pregano, ma la domanda è: Come pregano?
Il fariseo prega ma mettendo al centro la propria immagine di se, il proprio Io, è l’unico pronome che ricorre nella sua preghiera, c’è spazio solo per se stesso, e quando si cerca solo se stessi si finisce per emarginare ed arrivare ad escludere Dio dalla nostra vita.
Fa addirittura più di quanto è richiesto dalla Legge, afferma di digiunare due volte alla
settimana, mentre il Libro del Levitico dice di digiunare una volta all’anno, nel giorno della espiazione, paga la decima di tutto ciò che possiede mentre la legge mosaica chiedeva di pagare la decima solo su ciò che si produce.
Non sopporta la sua imperfezione, ha paura di sbagliare e sposta la sua imperfezione sugli altri, usa la preghiera per convincersi della sua perfezione, impeccabilità.
In questa preghiera il fariseo non adora Dio, ma se stesso, Dio diventa soltanto una muta
superficie nel quale fa rimbalzare la propria soddisfazione, non parla a Dio ma solo a se stesso. “ pregava tra sé”.
Non vede il proprio limite, la propria fragilità, il suo essere uomo.
Il pubblicano invece già nell’atteggiamento manifesta la sua fragilità, non ha paura di vedere il suo limite, il suo sentirsi peccatore tanto da voler mantenere una distanza:“ Fermatosi a distanza non osava neppure alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “ O Dio abbi pietà di me peccatore”.
Si mette davanti allo sguardo di Dio, nella sua preghiera si rivolge ad un Tu: abbi pietà di me.
Gesù conclude dicendo: “ Io vi dico : questi, a differenza dell’altro , tornò a casa giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”.
Il pubblicano è giustificato perché riconoscendo il proprio limite , la sua impefezione, il suo essere peccatore, lo consegna a Dio e si libera, l’altro rimane legato a se stesso, alla propria idea di perfezione.
O Dio, tu non fai preferenze di persone e ci dai la certezza che la preghiera dell’umile penetra le nubi; guarda anche a noi come al pubblicano pentito, e fa’ che ci apriamo alla confidenza nella tua misericordia per essere giustificati nel tuo nome.” Amen