#vitadaboomer#. Anni 70 : La fissazione del posto fisso. Anni 2000 : a cosa serve davvero una partita IVA.

a cura di Roberto Pareschi- collaboratore di contgnews

Anni 70. La ricerca del posto fisso era per i giovani una sorta di debito da estinguere verso la famiglia. Una specie di undicesimo
comandamento. L’idea “dominante” , ripetuta ossessivamente da ogni componenti “anziano” della famiglia, era quella di cercare un lavoro in una grande azienda , possibilmente nella tua città, dove trascorrere in relativa serenità il resto della vita lavorativa. A Torino, dove abitavo, madri e i padri sognavano giorno e notte un lavoro alla FIAT, alla SIP o alle POSTE. E quando finalmente questo accadeva , ci si lasciava andare a grandi feste con nonni e parenti.
Noi non avevamo alcun potere decisionale in quella famiglia,accettavamo tutto, soprattutto felici di avere interrotto una ricerca spasmodica e angosciante che sembrava senza fine.

Le prime esperienze da dipendente di una grande azienda erano poi un trauma. Ci si scontrava con una realtà fatta di carte e di rigidi rapporti gerarchici. Si subiva la sindrome dell’ultimo arrivato. A nulla
importava la tua bravura, i tuoi studi, la tua abilità nel lavoro. Eri l’ultimo arrivato e dovevi tacere, ringraziando il destino e la società di essere riuscito a trovare un lavoro ben retribuito, sicuro e nella tua città.
Il baratto era questo. Sicurezza contro libertà. E vinceva quasi sempre la sicurezza. Nessuno osava pensare che “mettersi in
proprio” fosse una alternativa a quella vita.

Una sorta di feticcio verso cui i giovani hanno generato un complesso rapporto di odio-amore. La partita IVA è il sogno
dell’imprenditoria e della libertà di non dipendere da nessuno.
Ma anche in questo caso la realtà si è rivelata matrigna. Pochi guadagni. Prospettive quasi nulle. Tasse alle stelle. Ti rendi conto di essere parcheggiato in un limbo costruito ad arte per illuderti di
essere diverso.
Ora il baratto è cambiato. Libertà contro benessere.
Sono abbastanza certo che oggi a vincere sia il benessere. Il mito dell’imprenditore di se stesso a poco a poco è sfiorito, travolto dalle
cilindrate di auto smisurate che “tu non puoi permetterti”.
Forse non sono passati cinquanta anni ma pochi giorni.
I giovani di allora e i giovani di adesso sono a ben vedere gli stessi.
Insoddisfatti, prigionieri del sistema, pieni di sogni che non realizzeranno mai.

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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