
La liturgia della Parola domenicale continua a farci vivere l’aspra ma quanto mai efficace riflessione teologica dell’evangelista Luca.
Dopo le parabole della misericordia, quella dell’amministratore scaltro e la parabola di Lazzaro e del ricco, questa domenica i Dodici chiedono a Gesù di aumentare la loro fede.
Gesù allora, spiega che la fede non è questione di quantità: non si tratta di averne tanta o poca,ma di praticarla. Tu mi chiedi di aumentare la fede? Io ti rispondo di viverla!
Ogni giorno dobbiamo vivere la nostra fede, ogni giorno siamo chiamati a vincere il male con il bene (cfr. Rom 12,21), ogni giorno siamo chiamati a compiere opere grandiose come
ordinare a un albero di gelsi: “sradicati e piantati nel mare”.
San Bernardo di Chiaravalle sosteneva che la misura dell’amore consiste nell’amare senza misura (cfr. De diligendo Deo cap. 1), questa Domenica noi possiamo prendere in prestito
quest’affermazione e riformularla con il binomio fede-servizio: la misura della fede – se di misura quantitativa sia può parlare – consiste nel servire senza misura. Per questo il Vangelo
che la liturgia ci propone in questa XXVII Domenica del tempo ordinario si conclude con l’affermazione «siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10).
Siamo servi senza utile, siamo servi a cui non è dovuto nulla perché abbiamo fatto il nostro: amato e servito senza misura, senza addebitare ed esigere ma condonando gratuitamente.
Ravviviamo il dono di Dio in noi che san Paolo specifica essere uno spirito di carità (2Tm 1,6) e facendo nostre le parole della giovane mistica ebrea Etty Hillesum, vissuta negli anni dell’orrore nazista, «il mio fare consisterà nell’essere» viviamo una vita di ‘fare’ in utilis(senza salario) affinché il nostro esserci nel mondo e nella storia sia vero, pieno, autentico, reale e sempre ad maiorem Dei gloriam.