

Dopo i saluti a cura del prof. “Pippo” Simplicio, il Presidente del Consiglio
comunale di Cefalù (PA), Francesco Calabrese, dà il benvenuto ai convenuti
nella Sala delle Capriate, «la sala dei cittadini», per la presentazione del libro
“Cefalù. ‘Ntinna a mari. Secolare tradizione marinara. Patrimonio della Città” (ed. Salvatore Marsala Association, 2022). La “’Ntinna a mari” «la sentiamo
dentro, vive con noi da quando siamo nati, è un pezzo della nostra storia, la
tradizione più autentica. Tradizione significa avere la capacità di tramandare ai più giovani la forza del nostro passato». L’Associazione “’Ntinna a mari” è costituita «da persone volenterose che hanno tramandato questa
manifestazione, un misto di religiosità e abilità sportiva. Con la festa del
Santissimo Salvatore, sono due eventi riconosciuti nel Registro Eredità
Immateriali di Interesse Locale». Il neo sindaco, Daniele Tumminello, firma la
prefazione del libro. «Bisogna lasciare che quest’oggetto entri nelle case delle
persone, venga custodito e sfogliato da chi verrà dopo di noi». La sua curiosità
si è appuntata sulle fotografie del passato, «com’era Agostino Tumminello
qualche anno fa». Riprendendo il pensiero di Karl Popper, inserisce la “’Ntinna a mari” tra i tipi di tradizione propri di un luogo che non possono essere facilmente trapiantati, “è assai difficile ristabilirli una volta che siano andati perduti”. Rievoca il palo di legno sul molo, l’immagine della bandiera che
sventola per essere afferrata dai concorrenti, il pubblico trepidante come
“parte integrante dell’identità cefalutana”. E’ patrimonio della comunità, passione pura, come scrive Domenico Portera vissuta “con cuore assoluto”. E’ possibile seguirla anche da lontano grazie a Internet ma solo in presenza si sperimenta “la forza reale della suggestione, il fremito dell’attesa, il boato del tripudio”.
Il vescovo di Cefalù, Giuseppe Marciante, ricorda che «fin dall’antichità la
pratica del gioco era abbinata alla festa», «lo sport produce un’atmosfera
festosa», «parteggiare in modo corretto favorisce la relazione sociale»,
permette di superare barriere campanilistiche. Il gioco e lo sport in
collegamento con la vita quotidiana aiutano a stemperare l’aggressività. Lo
sport è geneticamente connesso alla dinamica del gioco, pur nella maggior
accentuazione della spettacolarità. «L’anima dello sport è il gioco», la
dimensione ludica rappresenta un’istanza critica per una corretta attuazione del fenomeno sportivo. Una dimensione non eludibile è la gratuità, il gioco non ha carattere produttivo, non serve a nulla ma è gradito per sè stesso, così come il bello. «Agli occhi della fede è un segno della realtà escatologica. Il
gioco libera dalla costrizione del tempo e del bisogno, la “’Ntinna a mari” è
segno della libertà dell’uomo». Non ci si aspetta un tornaconto nel gioco, si è
paghi di essersi espressi al meglio, di aver raggiunto un traguardo. La forza
umana non è riducibile al binomio produzione/consumo, c’è un bisogno innato di festa, di creatività, di ricarica interiore e incontro con gli altri. E’ il concetto biblico del riposo, un orientamento dell’esistenza che mira ad andare oltre il contingente. Capita che l’”homo faber” inglobi e soffochi l’”homo ludens”.
L’uomo, privato di fantasia e gioia «si immiserisce e tende all’autodistruzione».
Nel mondo sportivo, esacerbato dalla violenza, il terreno di gioco diviene un
campo di battaglia. Lo sport può avere un ruolo di promozione culturale, è un
evento di aggregazione, di grande socializzazione. Per Nelson Mandela, lo sport ha il potere di cambiare il mondo, di parlare ai giovani con un linguaggio che si comprende. L’agonismo è una componente insopprimibile. Il desiderio di vincere, di raggiungere risultati soddisfacenti è irrinunciabile. Non si parli però di avversari ma di concorrenti, «correre insieme per raggiungere per primi il traguardo». Il vescovo ricorda come San Paolo utilizzi spesso metafore legati alla mentalità olimpica, «le virtù del cristiano sono quelle dell’atleta»: coraggio, perseveranza, concentrazione, spirito di squadra. Aggiunge al classico motto “Citius, Altius, Fortius”, «communiter» per indicare la sinodalità: camminare insieme, comunità, universalità, interculturalità.
Rosalia Serio è nipote di Pino Serio, presidente da quindici anni
dell’associazione “’Ntinna a mari”. Racconta quanto si sia speso per cercare di rendere la manifestazione sempre più coinvolgente anche per i cefaludesi
emigrati. L’anno prossimo si terrà un’edizione speciale persino a Baltimora,
dove si trova una grande comunità.
Giuseppe Simplicio ricorda l’edizione notturna del 1977, allora il presidente era l’avvocato Culotta. Si presentava il problema dell’illuminazione del molo e di far uscire le barche dopo la precessione. Furono provvidenziali i faretti che sarebbero dovuti servire per illuminare la piscina di un hotel, messi
generosamente a disposizione «dalla signora Rita». Vinse quell’edizione
Salvatore Papa. L’assessore con delega anche alle tradizioni, Antonio Franco,
ricorda l’etimologia. “Mos” deriva da “moveo”, movimento, «la tradizione non è mai qualcosa di fisso, con il consenso di coloro che interpretano le tradizioni, si
studiano modalità nuove».
Patrizia Milazzo ha dipinto la bandiera che dovrà essere afferrata dai
contendenti dopo aver camminato su un palo orizzontale di circa sedici metri
cosparso di sapone e grasso. Il palo è posto nel molo di piazza Marina in modo
che nei tentativi di afferrare la bandiera, gli atleti cadano in acqua. «L’applauso
trasmette affetto. Siamo un piccolo riflesso di una grande luce». Riprodurre
l’immagine sacra del Santissimo Salvatore le ha creato una grande emozione, l’ispirazione le ha guidato la mano. Ha utilizzato colori acrilici che permettono rapidità di esecuzione, colori per i tessuti e foglia d’oro. «A noi artisti è affidato il compito di divulgare la bellezza, un dono che richiede responsabilità e impegno». Angelo Rosso spiega come si ritenesse che la “’Ntinna a mari” si fosse originata nel 1783, «l’anno del terremoto che distrusse la Sicilia»,
risparmiando la zona di Cefalù. Cefalù avrebbe organizzato la festa per il
Santissimo Salvatore in ringraziamento per grazia ricevuta. Lo storico Nico
Marino, invece, ha scoperto un inedito nella Biblioteca Mandralisca, un
documento del notaio Niccolò Caruso risalente a metà del Settecento.
Rendiconta per la municipalità del tempo le spese sostenute negli anni
precedenti, dal 1729 al 1750. Viene citata la festa del Santissimo Salvatore e la “’Ntinna a mari”, si conteggiano spese per la banda musicale, la corsa dei
cavalli, il palo o albero della cuccagna a cui ci si arrampicava. Pertanto, il 1729
rappresenta il termine “post quem”. Gare simili si svolgono a Ponticello,
Sant’Agata di Militello, Sciacca ma quanto a documentazione storica, la
“’Ntinna a mari” risulta essere la più antica. Porta i saluti anche Nino Papa,
vincitore della competizione nel 2021 (per la quinta volta), entusiasta per la
copertina a lui dedicata da una rivista. Interviene l’editore, Salvatore Marsala.
Per un ragazzo come lui proveniente dalla zona della Marina, era una gioia
vivere la “’Ntinna a mari”, ha sempre ammirato il coraggio, la carica di
adrenalina dei partecipanti. Ad ogni pagina del libro affiorano emozioni e
ricordi. Cinzia Marsala presenta il secondo volume di “Cefalù 1131”, la
copertina ritrae di spalle il vincitore della “’Ntinna a mari”. Cita Danilo Dolci e il paesologo Franco Arminio che parla di futuro nelle piccole comunità. Riprende
un’immagine dell’Eneide (cap. II), la fuga di Enea con Ascanio tenuto per mano
e Anchise sulle spalle come segno del «portare sulle spalle la storia con l’idea
di un futuro da raccontare».
Piergiacomo Oderda–lettore

