#testimoninelmondo.Conosciamo Giacomo Lubrano con il nostro reporter cooperator Michel Camillo

Giacomo Lubrano nacque a Napoli il 12 settembre 1619; i dati biografici su di lui sono piuttosto scarsi, ad esempio non conosciamo i nomi dei suoi genitori. La scarsità delle notizie è dovuta essenzialmente a due fattori: che scarsi sono i documenti su Lubrano giunti fino a noi e che la sua vita fu povera di eventi di rilievo.

Sappiamo però che Giacomo Lubrano fu un gesuita e sulle sue vicende da religioso siamo un po’ più informati. Il 31 luglio 1653 Lubrano fece la professione, entrando così ufficialmente nella Compagnia di Gesù. Nel 1666 si recò a Palermo, dove il 12 febbraio pronunciò l’orazione funebre in onore di Filippo IV di Spagna. Nel 1675 Lubrano compì un importante viaggio a Venezia; in questa città fu presente in qualità di predicatore presso la chiesa di San Lorenzo. Come predicatore viaggiò molto, anche al di fuori dell’Italia: sappiamo infatti per certo che si recò a Malta.

Per quanto riguarda gli ultimi anni di vita di Giacomo Lubrano, siamo a conoscenza di una visita fattagli da Giambattista Vico, ma non siamo in grado di indicarne la data; comunque si può ragionevolmente presumere che sia avvenuta nel 1686. Inoltre Lubrano fu colpito da balbuzie. Morì a Napoli il 23 ottobre 1693, all’età di settantaquattro anni.

Diamo ora uno sguardo (inevitabilmente rapido) alla produzione letteraria di Giacomo Lubrano. Innanzitutto va detto che egli scrisse anche in Latino: ricordiamo degli epigrammi fortemente influenzati da Catullo e Marziale. In Italiano scrisse le orazioni, dalle quali emerge una visione religiosa rigidamente controriformista, che si manifesta, ad esempio, nelle frequenti durissime invettive contro gli eretici; nelle orazioni cita spesso Seneca e Sant’Agostino.

Per quanto riguarda la poesia in lingua italiana, Giacomo Lubrano ci ha lasciato le Scintille poetiche o poesie sacre e morali, che scelse di pubblicare sotto lo pseudonimo anagrammatico di Paolo Brinacio. Quest’opera riunisce componimenti scritti nell’arco di più decenni. La raccolta è suddivisa in tre libri e al suo interno si trovano sonetti, odi e composizioni per musica; le Scintille poetiche sono presentate come frutto di svaghi letterari, condotti però tenendo sempre ben presenti le istanze religiose. Nell’opera Lubrano diede prova di un’inventività linguistica straordinaria, che gli permise di coniare un elevato numero di neologismi. Facciamo alcuni cenni alla fortuna letteraria delle Scintille: Giacomo Lubrano era un esponente di spicco del marinismo, ma venne dimenticato già all’inizio del XVIII secolo; questo non stupisce, perché nel Settecento gli intellettuali disprezzavano il barocco, in quanto nel gusto artistico dominava l’Arcadia, quindi il declino del successo fu una sorte che accomunò quasi tutti i poeti barocchi. Anche i critici romantici ignorarono Lubrano. Per il nostro poeta le cose iniziarono a migliorare nei primi decenni del XX secolo: nonostante Benedetto Croce valutasse negativamente le sue liriche, inserì alcune poesie di Lubrano nell’antologia Lirici marinisti, pubblicata a Bari nel 1910. Qualche decennio dopo Giovanni Getto indicò nei versi di Giacomo Lubrano “il culmine dell’esperienza barocca, il suo punto di massima tensione”. Nel settembre 2022 è uscita un’edizione delle Scintille poetiche, presso l’editore Carocci, con commento di Silvia Argurio e prefazione di Francesco Zambon.

In chiusura leggiamo un sonetto tratto dalle Scintille poetiche o poesie sacre e morali, intitolato Cedri fantastici variamente figurati negli orti reggitani.

Rustiche frenesie, sogni fioriti,

deliri vegetabili odorosi,

capricci de’ giardin, Protei frondosi,

e di ameno furor cedri impazziti,

quasi piante di Cadmo armano arditi

a l’Autunno guerrier tornei selvosi;

o di Pomona adulteri giocosi,

fan nascere nel suol mostri mentiti.

Vedi zampe di tigri e ceffi d’orso

e chimere di serpi; e se l’addenti,

quasi ne temi il tocco e fuggi il morso.

Altri in larve di Lemuri frementi

arruffano di corna orrido il dorso,

e fan cibo e diletto anco i spaventi.

Lo schema delle rime è: ABBA ABBA CDC DCD. Cadmo (v. 5) è un personaggio mitologico che seminò denti di drago dai quali sorsero guerrieri armati che si fecero battaglia; Pomona (v. 7) era la dea dei frutti; i Lemuri (v. 12), nella concezione degli antichi romani, erano gli spiriti vaganti dei morti.

Michel Camillo-reporter cooperator



Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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