Il mondo del cinema è cambiato.
Sono cambiati gli spettatori.
Sono cambiati i luoghi in cui si poteva e si può assistere a un film.
Allora una grande sala, oggi il salotto della propria casa.
Sono cambiati gli attori. Ieri grandi mostri sacri della recitazione ed
oggi attori capaci di durare una sola estate.
Sono cambiate le storie raccontate. Ieri spesso piene di messaggi e
sentimenti, oggi votate quasi sempre alla violenza e alla velocità.
Sono infine cambiate le modalità tecniche e rappresentative con cui
queste storie vengono raccontate. Ieri un film era un racconto quasi
didascalico. Oggi un film è un accavallarsi di luci , di suoni e di
effetti speciali dietro ai quali si nasconde qualche volta una trama.
Il cinema che piaceva a noi boomer era un alternarsi continuo di
incredibili ingenuità e di pensieri profondi. Di trame banali e di storie
di vita. Il dialetto romanesco usato nelle caserme che si
contrapponeva a voci indimenticabili e a una recitazione eccelsa.
Quel cinema era nello stesso tempo “cineforum” e cialtroneria.
Filosofia di vita e sessismo condito da eros a buon mercato.
Poteva capitare che nello stesso quartiere si proiettassero pellicole
di quart’ordine, di contenuti infimi, con trame ingenue, al limite della
truffa intellettuale e in altre sale capolavori rimasti tali anche oggi.
Gli spaghetti western rivaleggiavano con film d’autore firmati da
mostri sacri come Federico Fellini, Sergio Leone, Dino Risi, Ettore
Scola, Mario Monicelli.
Noi , consumatori ingenui, ridevamo di gusto convinti dall’accento
pugliese di Lino Banfi o da quello siciliano di Franchi e Ingrassia.
Però ci entusiasmavamo anche di fronte alle indimenticabili
interpretazioni di Nino Manfredi. Vittorio Gassman, Alberto Sordi.
Quel cinema, come quasi tutti gli altri aspetti di quella società, era
pieno di contraddizioni.
Sarebbe stato necessario scegliere. Schierarsi con le battute da
caserma piuttosto che con le visioni sociali degli autori dell’epoca.
Ma noi purtroppo non siamo stati capaci di scegliere.
Abbiamo accettato l’uno e l’altro. La visione qualunquistica della
vita e la voglia di raccontare l’essenza dell’umanità.
In fondo la nostra generazione non ha mai davvero saputo capire
dove stare. Non lo ha fatto per i grandi temi di allora e neppure lo
ha fatto di fronte al mondo del cinema. Siamo stati le prime vittime
di un consumismo padrone che negli anni successivi ci avrebbe
completamente sopraffatto.
E questa, credetemi, è forse la nostra maggiore colpa.
Anche se può sembrare eccessivo quello che sto dicendo, sono
convinto che da quella mancata scelta siano poi derivati molti dei
nostri enormi attuali problemi.