Uno dei più famosi sportivi americani dello scorso secolo, Babe Ruth ha avuto un ruolo fondamentale nella storia del baseball. Un giocatore come lui non ci sarà mai più.
Gli Stati Uniti sono da sempre un paese dove le storie dei campioni sportivi fioriscono in maniera naturale, germogliano con grande gioia e passione.
Un posto d’onore nel ventesimo secolo sportivo a stelle e strisce deve essere riservato a George Hermann Ruth, per tutti Babe, con Michael Jordan e Muhammad Alì probabilmente la massima rappresentazione sportiva del Novecento.
A differenza del pugile che sconfisse Foreman nel famoso “Rumble in the Jungle” e di Sua Maestà MJ, Babe Ruth non ha quella celebrità mainstream che consente a chi non l’ha visto giocare di ammirare le sue prodezze.
Ciò non toglie che il suo impatto sul mondo del baseball sia paragonabile a una vera e propria apparizione, un uomo avanti cinquant’anni che ha dato moltissimo alla sua disciplina.
Uno sport che ancora oggi è il gioco che tutti i bambini americani praticano per interi pomeriggi in ogni angolo della nazione.
Ma da dove è saltato fuori Babe Ruth? Questo ragazzone con un fisico massiccio e dall’infanzia non semplice debutta nel 1914 ad appena 19 anni nei Baltimore Prioles ma dopo solo sei mesi approda ai Boston Red Sox, squadra dove resta per cinque anni conquistando tre volte le World Series.
Nel 1920 è già una stella del baseball americano e nonostante gli ottimi risultati al botteghino che garantisce alla sua squadra i Red Sox non vivono un periodo semplice dal punto di vista economico: sono costretti a cederlo ai New York Yankees per 125mila dollari.
Nella Grande Mela Ruth costruisce la sua leggenda vincendo altre quattro World Series e frantumando ogni record in battuta, passando anche al ruolo di lanciatore. Si ritira nel 1935 a quarant’anni entrando immediatamente nella neonata Hall of Fame e nella leggenda dello sport mondiale.
714 home run in carriera (meglio di lui solo Barry Bonds e Hank Aaron), Babe Ruth è diventato il simbolo della disciplina più antica degli Stati Uniti e per questo la sua popolarità ha trasceso lo sport, entrando nel cuore degli statunitensi e diventando cultura americana a 360°.
Un cancro alla gola lo porta alla morte a soli 53 anni, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di tutti gli appassionati.
Un dato più di tutti ci fa capire la sua grandezza e la modernità del suo gioco. Il record di 60 home run, realizzati nella stagione 1927, ha resistito per oltre trent’anni e gli permette di restare nella top 10 a quasi un secolo di distanza.
Semplicemente strabiliante.
Stefano Villa -reporter cooperator contg.news
