#santafamiglia# LAVORARE NELL’ATTESA DEL SIGNORE. Comunicato Stampa

L’attesa della vita eterna non ci dispensa da una vita di intenso lavoro. Il lavoro, uno dei maggiori beni dell’uomo. L’attività professionale, svolta alla presenza di Dio, non ci allontana dal nostro fine ultimo: deve avvicinarci a Lui. 1. In queste ultime domeniche la liturgia ci invita a meditare sulle ultime realtà dell’uomo, sul suo destino oltre la morte. Nella prima lettura della Messa di oggi 1 il profeta Malachia ci parla con forti accenti degli ultimi tempi : “Ecco, sta per venire il giorno rovente come un forno”. E’ Gesù nel Vangelo della Messa ci ricorda che dobbiamo stare all’erta mentre attendiamo la sua venuta alla fine del mondo: “Guardate di non lasciarvi ingannare…”. Alcuni cristiani della Chiesa primitiva ritennero imminente la venuta gloriosa di Cristo. Pensavano che la fine dei tempi fosse vicina, e questo fu uno dei motivi per cui trascuravano il loro lavoro, vivevano “senza far nulla e in continua agitazione”.Giudicavano che non valesse la pena di dedicarsi con impegno alle cose terrene, data la precarietà della vita. Per questo san Paolo, come leggiamo nella seconda lettura della Messa, richiama la loro attenzione per ricordare la sua vita di lavoro in mezzo a loro, nonostante l’intensa attività apostolica ; ricorda loro la regola di vita che a suo tempo aveva consigliato: “Quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol
lavorare, neppure mangi”, e a chi sta senza far nulla raccomanda “di mangiare
il proprio pane lavorando in pace. La vita è davvero molto breve, e l’incontro con Gesù è vicino, più tardi ci sarà la sua venuta gloriosa e la risurrezione dei corpi. Questa realtà ci aiuta a essere distaccati dai beni che usiamo e a usare bene del tempo, ma in nessun modo ci deve distogliere dal dedicarci con impegno alla nostra professione e
non ci esime dall’essere presenti nel cuore stesso della società. Più ancora:
proprio attraverso le nostre attività terrene, aiutati dalla grazia, dobbiamo
guadagnarci il cielo. Il Magistero della Chiesa ricorda il valore del lavoro,, ed
esorta ” i cristiani, cittadini dell’una e dell’altra città (a) sforzarsi di compiere
fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo”.
Lungi dal trascurare i doveri terreni, i cristiani devono rendersi conto che
“proprio la fede li obbliga ancor di più a compierli, secondo la vocazione di
ciascuno”, per imitare Cristo che lavoro come artigiano per la maggior parte
della sua vita.
Tale dev’essere il nostro operare in mezzo al mondo: guardare spesso
al cielo, la patria definitiva, tenendo bene i piedi ben piantati per terra,
lavorare con intensità per dar gloria a Dio, attendere con abnegazione alle
necessità della nostra famiglia e servire la società alla quale apparteniamo.
Senza un lavoro serio, svolto coscienziosamente, è molto difficile, forse impossibile, santificarsi in mezzo al mondo. Certo, un lavoro fatto alla
presenza di Dio deve rispettare le norme morali che lo garantiscono buono
e retto. Conosco bene queste leggi riguardo al mio lavoro nell’attività commerciale, nell’esercizio della professione medica, di infermiere, di avvocato, l’obbligo di rendere per lo stipendio, che ricevo, di dare la giusta paga a coloro che lavorano alle mie dipendenze? La possibilità di lavorare è uno dei grandi doni ricevuti da Dio,” è una realtà meravigliosa che ci viene imposta come una legge inesorabile
alla quale tutti, in un modo o nell’altro, siamo sottomessi, anche se qualcuno tenta di sottrarsi. Sappiatelo bene: quest’obbligo non è sorto come conseguenza del peccato originale, e tanto meno è una scoperta moderna. Si tratta di un mezzo necessario che Dio ci affida sulla terra,dando ampiezza ai nostri giorni e facendoci partecipi del suo potere creatore, affinchè possiamo guadagnare il nostro sostentamento e, nello stesso tempo, raccogliere “frutti per la vita eterna”(Gv.4,36)”5.Il lavoro è mezzo ordinario di mantenimento e situazione privilegiata perchè
si sviluppino le virtù umane: la fortezza, la costanza, la tenacia, lo spirito di solidarietà, l’ordine, l’ottimismo pur nelle difficoltà. La fede cristiana ci
sollecità inoltre a comportarci “con i figli di Dio(…) come figli di Dio”6, a vivere uno “spirito di carità, di intesa, di comprensione”7, a estirpare dalla
nostra vita “l’attaccamento alla comodità, le suggestioni dell’egoismo, la tendenza alla vanagloria”8, a manifestare “la carità di Cristo e i suoi frutti concreti di amicizia, di comprensione, di calore umano, di pace”9. Il lavoro sarà inoltre il mezzo per avvicinare molte anime a Cristo. Al contrario la pigrizia, l’ozio, il pressappochismo, il lavoro malfatto comportano gravi conseguenze.” L’ozio insegna molte cattiverie”10. poichè impedisce la perfezione umana e soprannaturale dell’uomo, fiacca il carattere e apre le porte alla concupiscenza e a molte tentazioni. Per secoli era sembrato a molti che per essere buoni cristiani bastasse una
vita di pietà senza connessione alcuna con il lavoro nello stabilimento, nella
facoltà, nei campi. Anzi , molti avevano addrittura la convinzione che le occupazioni secolari, le realtà profane in cui l’uomo che vive nel mondo,in un modo o nell’altro, è immerso, potessero essero essere di ostacolo alla ricerca della santità 11.La vita nascosta di Gesù ci insegna il valore del lavoro, dell’unità di vita: Egli, infatti, redimeva il mondo, anche attraverso il suo quotidiano lavoro.E, in mezzo a queste attività che cerchiamo ogni giorno di incontrare il Signore chiedendogli aiuto , offrendo il lavoro che stiamo facendo e cercando di
compierlo con perfezione umana, in ciò partecipi della creazione(ancorchè
sembri piccolo e di scarsa importanza) e di esercitare la carità (praticando le virtù della convivenza con coloro che ci stanno accanto, prestando loro piccoli servizi che risultano sempre graditi, pregando per loro e per le loro famiglie, aiutandoli a risolvere i loro problemi). Siamo in contatto con il Signore nel nostro lavoro ordinario? Lo svolgiamo alla sua presenza? Il lavoro non solo non deve allontanarci dal nostro fine ultimo, da quell’ attesa vigile con cui la liturgia di questi giorni ci sollecita a stare all’erta, ma deve rappresentare mezzo e strada di santità. Per questo il fedele cristiano non deve dimenticare che, oltre a essere cittadino della terra, lo è anche del cielo,e per questo deve comportarsi tra gli altri in modo degno della vocazione a cui è stato chiamato 12, sempre allegro, irreprensibile e semplice, con tutti 13, buon lavoratore e buon amico, aperto a tutte le realtà autenticamente umane:”In conclusione, fratelli”, è san Paolo che esorta i cristiani di Filippi, “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello
che è virtù e merita lode, tutto qyesto sia oggetto dei vostri pensieri” 14.
Inoltre il cristiano converte il suo lavoro in orazione se in ciò che sta realizzando cerca la gloria di Dio e il bene degli uomini, se chiede aiuto al momento di iniziare il suo compito, nelle difficoltà che si presentano, se ringrazia dopo averlo portato a termine, o alla fine della giornata, “ut cuncta nostra oratio et operatio a te semper incipiat, et per te coepta finiatur”affinchè la nostra preghiera e il nostro lavoro incomincino e si concludano sempre in Dio. Il lavoro è il nostro camminare quotidiano verso il Signore.”L’uomo, pertanto, non deve limitarsi a fare delle cose, a costruire oggetti.Il lavoro nasce dall’amore, manifesta l’amore, è ordinato all’amore. Riconosciamo Dio non solo nello spettacolo della natura, ma anche nell’esperienza del nostro lavoro, del nostro sforzo.Sapendoci posti da Dio sulla terra, amati da Lui ed eredi delle sue promesse, il lavoro diviene preghiera, rendimento di grazie” 15.La professione, che per il cristiano è fonte di santità, è anche fonte di grazia per tutta la Chiesa, poichè siamo, “corpo di Cristo e sue membra,ciascuno per la sua parte” 16. Quando qualcuno lotta per diventare migliore porta beneficio a tutti nel cammino verso il Signore. Inoltre un lavoro ben fatto contribuisce sempre al benessere umano della società .
“Il sudore e la fatica, che il lavoro necessariamente comporta nella
condizione presente dell’umanità, offrono al cristiano e ad ogni uomo, che è
chiamato a seguire Cristo , la possibilità di partecipare nell’amore all’opera che il Cristo è venuto a compiere. Quest’opera di salvezza è avvenuta per mezzo della sofferenza e della morte di croce. Sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo crocifisso per noi, l’uomo collabora in qualche modo col Figlio di Dio alla redenzione dell’umanità. Egli si dimostra vero discepolo di Gesù portando a sua volta la croce ogni giorno nell’ attività che è chiamato a compiere” 17.Nell’esercizio della nostra professione troveremo con naturalezza , senza voler montare in cattedra, innumerevoli occasioni per far conoscere la dottrina di Cristo : in una conversazione amabile, nel commentare un fatto di grande attualità, ricevendo la confidenza di un problema personale o
familiare. L’angelo custode, al quale tante volte ricorriamo, ci suggerirà la
parola giusta che animi, che aiuti e che favorisca, forse col tempo, un deciso avvicinamento a Cristo delle persone con le quali abbiamo raporto di lavoro.Cosi i cristiani aspettano la venuta del Signore: arricchendo l’anima nella propria attività, aiutando gli altri a volgere lo sguardo a un fine trascendente.E non trascorrendo il tempo “senza far nulla” o lavorando male, trascurando di giovarsi dei mezzi che Dio stesso ci ha dato per guadagnarci il cielo.San Giuseppe, “Padre e Signore nostro”, ci insegnerà a santificare le nostre attività : infatti egli, insegnando a Gesù il suo mestiere, “avvicino il lavoro umano al mistero della redenzione” 18. Accanto a Giuseppe troviamo sempre Maria.

Redazione-comunicato stampa

Parlare con Dio

Vol. V Francisco Fernandez-Carvajal

Tempo Ordinario (III)

Settimane (XXIV- XXXIV)

Edizioni Ares



Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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