Ritratti Sportivi: CARLO MAZZONE, L’EMBLEMA DI UN CALCIO CHE NON C’È PIÙ

Un uomo vero che non ha mai avuto bisogno di maschere per rapportarsi con tutti gli addetti ai lavori di un mondo spesso finto. Ecco la storia di Carletto Mazzone.

Carlo Mazzone è un personaggio fondamentale per il calcio italiano dagli anni settanta in poi, una figura che molto spesso non riceve il giusto riconoscimento.
Sarà perché nel suo palmares non sono presenti coppe europee o campionati, ma l’impatto che ha avuto sul calcio del nostro paese è sotto gli occhi di tutti.

Sotto la sua guida ruspante ma sempre autentica sono passati campioni come Baggio, Guardiola e Pirlo, oltre a Francesco Totti che grazie al “Sor Carletto” ha iniziato la sua lunga storia d’amore con la Roma.

Una carriera sulle panchine di tutta Italia lunga quarant’anni con 797 gare in Serie A, sempre con grande amore nei suoi confronti da parte di tutte le tifoserie italiane. Certo, con qualche eccezione (chiedere ai tifosi dell’Atalanta…).

Tante le tappe importanti, tre su tutte: l’avventura ad Ascoli durata venti stagioni totali tra campo e panchina che gli ha permesso di entrare nel cuore dei tifosi bianconeri per i risultati ottenuti, con tanto di intitolazione della tribuna Est dello stadio Del Duca.

La seconda svolta arriva nel 1993 quando la Roma gli concede la grande chance, quella che aspettava da sempre. I giallorossi non stanno vivendo il miglior momento della loro storia con la transizione tra Giannini e Totti che si compie proprio nel triennio di Mazzone.
Se il futuro Re di Roma ha iniziato il suo cammino verso la gloria lo deve al Sor Carletto.

L’ultima esperienza che ha segnato la vita sportiva di Mazzone arriva all’inizio del nuovo millennio, quando gli anni d’oro sembrano essere alle spalle ma il suo Brescia è un concentrato di classe operaia e talento.
I biancoblù del presidente Corioni vivono un periodo magico con Mazzone in panchina, guidati in campo dal numero 10 dei numeri 10, quel Roberto Baggio che ha sempre considerato Mazzone un secondo padre per cui si sarebbe buttato nel fuoco.

Ecco un altro aspetto del tecnico nato a Roma troppo spesso non sottolineato: i suoi giocatori l’hanno sempre visto come un padre e per lui hanno sempre dato tutto.
Nella sua autobiografia “Volare Libero” Gianluca Pagliuca ha parlato di Mazzone, insieme a Bologna, come uno dei tre allenatori decisivi del suo percorso calcistico, spendendo per lui parole non banali.

Anche Pep Guardiola ha dimostrato tutta la sua riconoscenza nei confronti del suo allenatore ai tempi del Brescia. Alla vigilia di una finale di Champions League suona il telefono di casa Mazzone, dall’altra parte della cornetta proprio Pep che lo invita in tribuna. Segno di rispetto e stima che Mazzone non dimenticherà mai.

Negli occhi di tutti gli amanti del calcio resta un’immagine nitida, quella corsa a perdifiato sotto la curva atalantina dopo il pareggio del Brescia per ribellarsi alle ripetute offese nei confronti della sua famiglia.
Una corsa spontanea, verace e rimasta nell’immaginario collettivo come una delle ultime foto di un calcio vero dove la passione era più importante del denaro.

Pochi giorni fa ha compiuto 86 anni: il football italiano deve solo alzarsi in piedi e dire grazie a Carlo Mazzone, un uomo di cuore che ha rappresentato nel migliore dei modi un calcio che purtroppo non esiste più.

Stefano Villa -contg.news

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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