Il Congresso di Vienna: una nuova (o vecchia?) cartina d’Europa

Il Congresso di Vienna è stato uno degli episodi più importanti nella storia politica dell’800. Iniziato il 1° novembre 1814, ha lo scopo dichiarato di rimettere ordine dopo il caos provocato dalle guerre napoleoniche, ora che l’ex imperatore è confinato all’isola d’Elba. La scelta della sede non è fatta a caso: l’Impero asburgico, di cui Vienna è capitale, insieme con l’Inghilterra è stato forse l’avversario più determinato di Napoleone; inoltre il plenipotenziario asburgico, il principe di Metternich, non vuol perdere l’occasione di mostrare a tutta Europa il prestigio e lo sfarzo della corte viennese, che nei mesi del Congresso diventerà centro di vita mondana, ospitando feste, balli e ricevimenti.

Al Congresso vengono invitati pressoché tutti gli Stati europei, grandi e piccoli. Ma alla fine le decisioni vengono assunte essenzialmente dalle cinque principali potenze: l’Austria, l’Inghilterra, la Prussia, la Russia e la Francia, vale a dire i grandi nemici di Napoleone e la sua stessa patria, considerata in certo qual modo anch’essa vittima delle ambizioni del condottiero còrso- e comunque ritenuta uno Stato strategico e forte, impossibile da escludere.

I princìpi che guidano le scelte degli esperti diplomatici presenti sono soprattutto due. Il primo è il principio di LEGITTIMITA’: considerando l’età napoleonica una parentesi nella sostanza illegittima, perché soggetta alle ambizioni di un solo uomo, si intende ritornare alla situazione precedente al 1792, rimettendo sui troni i sovrani “legittimi”, spodestati da Napoleone, o in mancanza di questi i loro eredi (come nel caso francese, dove Luigi XVIII succede al fratello Luigi XVI, ghigliottinato nel ’93- il figlio di quest’ultimo era nel frattempo deceduto). Ma più importante, agli occhi dei diplomatici, è il secondo principio, quello di EQUILIBRIO: per evitare che si ripeta la situazione da cui si è appena usciti, si stabilisce che nessuno Stato debba essere troppo più forte rispetto agli altri, rendendo così meno probabili ambizioni e mire espansionistiche foriere di conflitti. Stati “legittimi” vennero sacrificati proprio in nome dell’equilibrio: ad esempio, la Repubblica di Genova fu unita al Piemonte per creare uno Stato cuscinetto sul confine francese.



Il Congresso sarà interrotto precipitosamente il 9 giugno 1815 per sferrare un nuovo assalto a Napoleone, tornato dall’Elba e destinato di lì a poco, dopo la rocambolesca sconfitta di Waterloo, al definitivo esilio a sant’Elena. Ma le decisioni importanti erano già state definite nei mesi precedenti. Che giudizio dare di questo Congresso? I moderni criteri di etica e diritto politico lo condannerebbero senza appello, poiché l’autodeterminazione dei popoli non venne tenuta in alcun conto e la cartina europea fu ridisegnata secondo un Risiko ispirato da puri criteri di potere di monarchi ed élite. Ma non va dimenticato che lo status stabilito a Vienna reggerà per almeno trent’anni, risparmiando all’Europa altre guerre distruttive: un risultato per nulla disprezzabile, se pensiamo che buona parte del Settecento era trascorsa sui campi di battaglia, e che nel secondo Ottocento inizierà l’onda lunga dei nazionalismi, padri della Grande Guerra e di tante altre tragedie del nostro secolo.

Giulio Pavignano-contg.news



Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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