La palestra come allegoria del mondo

Da bravo e convinto “ boomer” posso dire, con assoluta serenità, di non avere frequentato fino all’età di cinquanta anni nessuna palestra.

Poi un bel giorno , travolto dall’ondata salutista degli ultimi anni, anche io mi sono lasciato convincere e ho deciso di curare la mia forma fisica.

La prima esperienza in palestra è stata a dir poco traumatizzante.

Mi sono trovato in compagnia di giovani e meno giovani, la cui principale fonte di preoccupazione era il volume dei loro bicipiti e di ogni altro muscolo del corpo.

Ho visto uomini “ strani” che trascorrevano il loro tempo di fronte a uno specchio, per studiare l’apparenza dei loro muscoli.

Individui molto particolari che si ammazzavano di fatica ai bilancieri ed accompagnavano i loro sforzi con variegati suoni gutturali, non proprio umani.

Ho avuto a che fare con un laureato ISEF ( un “ tutor”) che voleva a tutti i costi convincermi che le mie dieci flessioni e i pochi esercizi agli attrezzi che ero in grado di eseguire, erano inutili per garantirmi una certa visibilità tra i frequentatori della palestra.

Insomma mi sono trovato catapultato in un mondo che non conoscevo, che era lontano anni luce da me e che neppure mi piaceva.

Ma la vera domanda a cui ho cercato di dare una risposta è un’altra.

Perché ormai tutti non possono fare a meno di avere una tessera presso una palestra ? Perché l’esposizione mediatica di muscoli è diventata così strategica nelle sorti della esistenza di ciascuno di noi ?

Poi ho trovato una risposta, la mia modesta risposta da “ boomer”.

Viviamo in un mondo in cui, tranne lodevoli eccezioni, l’uso della forza è divenuto il principale valore ispiratore delle nostre azioni.

Un tempo se capitava di tamponare una macchina, si discuteva, si valutava il danno e si compilavano i documenti necessari.

Oggi se capita questo, ci si picchia.

Un tempo se si faceva notare a una persona la sua maleducazione magari si alzava la voce, forse si arrivava a qualche spintone, ma poi la cosa finiva come era iniziata, con qualche parola.

Oggi ci si picchia.

Come possiamo allora riuscire a sopravvivere in questo mondo, se non possediamo gli strumenti ( bicipiti, ventre piatto, mento sporgente) adatti alla sopravvivenza?

In un solo modo. Con la forza della parola, con il coraggio della gentilezza e con l’esercizio, mai scontato, della tolleranza.

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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