I migranti: degli “ultimi” che interpellano le coscienze di Giulio Pavignano. #storia&fede

Uno dei primi atti del nuovo governo, come promesso in campagna elettorale, è stato il divieto di sbarco ai migranti a bordo di alcune navi gestite da Ong: un divieto che ha provocato polemiche e tensioni, e che è rientrato quando la situazione sanitaria e psicologica sulle imbarcazioni è divenuta insostenibile. Non abbiamo né l’intenzione, né la competenza per discutere in punta di diritto del tema dell’accoglienza dei migranti, degli obblighi previsti dal trattato di Dublino o della gestione dei ricollocamenti: ma come organo di stampa che si sente portatore di valori legati alla pace e alla solidarietà ci sentiamo di avanzare in merito alcune osservazioni.

Primo: la storia insegna che le migrazioni sono da sempre parte integrante della vicenda umana, e che nessuna migrazione si può fermare per decreto. I Romani non hanno potuto tenere i barbari fuori dai confini con un editto, come i cinesi non hanno impedito l’accesso al loro territorio ad invasori e popoli diversi con un pronunciamento del Celeste Impero. Le masse si muovono, soprattutto quando sono spinte dalla fame, dalla guerra e dalla miseria.

Secondo: il concetto secondo il quale si dovrebbe dire ad un barcone di disperati che rischia la vita “prima dimostrate che avete diritto all’asilo, poi vi soccorriamo” è contrario non solo ad un principio di umanità, ma prima di tutto alla logica. Se un uomo in mezzo alla strada sta per essere investito da un Tir, chi gli chiederebbe la carta d’identità o il permesso di soggiorno prima di gridargli “spostati!” o spingerlo via? Eppure, secondo alcuni, è precisamente quello che si dovrebbe fare con i migranti, facendo scendere solo i “fragili” (categoria che evidentemente può essere più o meno vasta secondo il metro di giudizio adottato) e lasciando gli altri in attesa delle controversie tra partiti ed istituzioni nazionali e comunitarie.

Infine, riteniamo che un Paese civile (non cristiano: civile, semplicemente) abbia un dovere d’accoglienza verso chi rischia la vita che va oltre quanto previsto dai trattati o dalle leggi del mare (le quali, peraltro, obbligano al soccorso, e non operano alcuna distinzione tra fragili e non). Nessun calcolo politico, nessuna convenienza elettorale giustifica l’abbandono di decine di esseri umani in balia delle onde, in un limbo infinito il cui unico orizzonte sono le carte bollate e le telefonate roventi tra le cancellerie. Non vogliamo essere ingenui o utopisti, quindi ci rendiamo conto che l’Italia non può farsi carico di chiunque arrivi (sebbene i numeri dicano che altri Stati hanno già accolto più migranti di noi); tuttavia siamo convinti che l’urgenza del soccorso debba venire prima delle dispute giuridiche sulla pelle di chi ha già alle spalle vicissitudini atroci. E soprattutto sentiamo di non poter accettare che un politico di uno schieramento che non fa mistero di richiamarsi a valori religiosi definisca un gruppo di disperati allo stremo delle forze “carico residuale”.

Giulio Pavignano & tutti i membri della Redazione di contg.news

La Direzione ovviamente con fermezza concorda con questa posizione apponendo a questo articolo una osservazione che si rimette a quei valori di convivialità sociale e di aiuto reciproco. Valori deputati alla costituzione di un mondo migliore.

Direzione Emanuele Dondolin

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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