Confesso di esserci caduto anche io in gioventù. Come molti altri ragazzi della mia generazione ha assunto a “ divinità” un calciatore.
Nel mio caso si è trattato di Paolo Pulici, grande esempio di “ tremendismo granata”. A mia discolpa devo però affermare che il mio idolo non era affatto un idolo e non teneva ad esserlo. Quando
parlava ( e capitava raramente) citava valori di vita, attaccamento alla maglia, sudore e neppure disdegnava di farsi fotografare con un cappello da muratore fatto di carta di giornale. Prendeva calci e li dava senza abbandonarsi a sceneggiate indecorose. Insomma
era una persona normale che svolgeva un lavoro regolare capace però di farmi sognare.
Oggi è tutto diverso. Il “ campione” di calcio è innanzitutto un marchio vivente ottimamente retribuito. Ricoperto di immaginipubblicitarie ( oltre che di tatuaggi) e attento a non dimenticarsi di
giurare che “ l’importante è la squadra “, “ conta aver vinto e non il mio goal “, “ ho lavorato tanto per arrivare a questo punto”. Un professionista come tanti altri che per qualche strana alchimia è
diventato per tantissimi giovani un riferimento. Mi sono sforzato di
focalizzare ( non dico capire perché per me è impossibile) i messaggi che gli attuali “ campioni “ trasmettono
inconsapevolmente o volutamente. La loro immagine. Auto di lusso. Pettinature alla moda. Compagne bellissime ma spesso banali. Vacanze da sogno in luoghi esotici (per inciso : il mio idolo
calcistico ha sempre trascorso le sue vacanze in un unici posto ,l’isola d’Elba). Il loro linguaggio. Il punto più alto di coinvolgimento sociale viene raggiunto quando qualcuno di questi idoli viene
chiamato a ripetere a capocchia qualche slogan che pubblicizza iniziative umanitarie.
I messaggi. Nel corso di una intervista ho
sentito un calciatore famosissimo affermare che in questa vita occorre essere prepotenti perché se non sei tu ad aggredire saranno gli altri ad aggredire te. Un ottimo esempio di qualunquismo condito di intolleranza. Altri ancora sono stati additati a esempio di coerenza e integrità familiare per poi scoprire che si è sempre trattato solo di apparenza.
Eppure per queste persone oggi si sogna, si cammina per le strade intruppati in improbabili sfilate , addirittura si piange. Si leggono articoli in cui si discute delle loro gesta eroiche. Si parla nei bar e
nelle famiglie.
Se mettiamo a confronto le immagini di calciatori “ normali” con gli attuali calciatori “ divi “ appare ben netta la distinzione che separa quel mondo da questa vita.
Sostanza contro apparenza.
Il nuovo mondo è attorno a noi, anche in un campo così banale ( ma non per tutti) come il calcio.
Roberto Pareschi-Redazione
