L’opinione sportiva di Stefano Villa. ANTONIO E L’ARTE DI NON ESSERE MAI CONTE(NTO)

L’avventura al Tottenham di Antonio Conte è a un punto di svolta: ora serve fare un salto di qualità per arrivare a vincere. I giocatori per farlo ci sono…


Antonio Conte è riconosciuto a livello mondiale come uno dei più grandi motivatori in circolazione, capace di vincere numerosi titoli nazionali tirando fuori dai suoi giocatori il massimo delle loro potenzialità. 

Le sue squadre non giocano un calcio sempre piacevole, ma spesso risultano efficaci. Pragmatismo allo stato puro. Tuttavia non sempre è tutto oro quello che luccica. 


Analizzando nel dettaglio le ultime esperienze del mister appare evidente un dato emblematico sull’idea contiana per arrivare al successo: le sue squadre sono le più forti del lotto e hanno un arco temporale nel quale provare a vincere molto breve. Tutto e subito. 


Pensiamo alla sua avventura sulla panchina dell’Inter, durata appena due anni tra successi e incomprensioni di ogni genere.

Il presidente nerazzurro Steven Zhang gli ha messo a disposizione una rosa di primissimo livello, la più forte di tutte in Italia, già dal primo anno. 

Lukaku, Hakimi, Eriksen, Godin, Barella e Bastoni sono solo alcuni dei giocatori arrivati a Milano nel corso della sua gestione, ma nella prima stagione non sono arrivati i trofei che tutto l’ambiente interista si aspettava, con la sconfitta in finale di Europa League contro il Siviglia che ancora oggi è una ferita profonda per i tifosi di fede nerazzurra.


Nel secondo anno, iniziato con il celebre incontro con la dirigenza a Villa Bellini dove sembrava a un passo il suo addio, è arrivato lo Scudetto al termine di una stagione iniziata piano e finita a mille all’ora. 

Decisivo per questo successo tricolore il cambio a centrocampo tra Arturo Vidal, pretoriano di Conte richiesto fino allo sfinimento dal tecnico ma ampiamente sul viale del tramonto, e Christian Eriksen, uno dei più forti centrocampisti ad aver indossato la maglia dell’Inter nel nuovo millennio ma che sembrava non rientrare negli schemi del mister salentino. 

L’avvicendamento è arrivato “grazie” a un infortunio del cileno ex Juventus e Barcellona che ha aperto le porte dell’undici titolare al danese, fino a quel momento relegato tristemente in panchina e schierato spesso al 90′, un vero e proprio peccato mortale considerando le qualità del giocatore in questione.

Un cambio imputabile in buona parte alla sorte che ha svoltato completamente la stagione interista portando i nerazzurri sul tetto d’Italia. 

Sembra tutto pronto per aprire un ciclo di successi, ma ecco il colpo di scena. 


Quando la proprietà cinese ha iniziato ad attraversare un periodo di difficoltà economica a causa della ricaduta della pandemia sui mercati mondiali, Conte ha deciso di abbandonare la nave (non prima di ricevere una generosa buonuscita…) probabilmente conscio di non poter ripetere i successi ottenuti con quella squadra che sarebbe stata impoverita, ma non smembrata, per esigenze di budget. 

Il suo successore Simone Inzaghi, spesso criticato ben oltre le sue reali colpe, ha portato a casa due trofei lottando fino all’ultima giornata per lo Scudetto nonostante le partenze di Lukaku, Hakimi e dello sfortunato Eriksen. 

L’ex tecnico della Lazio ha puntato sul gioco e sulla qualità tecnica di una squadra comunque competitiva, migliorando i risultati di Conte in Champions League e riuscendo a trovare la quadratura del cerchio, un dato non scontato. 


Dopo qualche mese di stacco per Conte si sono riaperte le porte della Premier League, con il Tottenham che ha puntato su di lui a stagione in corso per tornare ai vertici. 

La partenza è stata monstre con gli Spurs che riescono ad agganciare il treno Champions recuperando posizioni su posizioni, ma è in questa stagione che la dirigenza si aspetta un salto di qualità importante che faccia fruttare i corposi investimenti voluti proprio da Conte in questi primi mesi di permanenza. 


La partenza è stata molto buona, ma le recenti sconfitte in Premier e il pareggio in Champions con lo Sporting (per la cronaca Conte espulso per proteste) hanno destabilizzato l’ambiente.

Il tecnico salentino, come accade praticamente sempre, ha attaccato la società per non avergli messo a disposizione una rosa con cambi all’altezza dei titolari. Quanto meno particolare quest’accusa, se pensiamo che nel KO contro il Newcastle sono entrati dalla panchina giocatori come Lucas Moura e Ivan Perisic, con Richarlison e Kulusevski fuori per infortunio. Qualità e quantità sembrano non mancare in ogni reparto della rosa degli Spurs.


Un motivatore come ce ne sono pochi che però alla prima accusa sul suo lavoro trova scusanti a volte curiose pur di difendere il suo operato, anche quando un po’ di autocritica sarebbe necessaria. 

E poi, quando anche queste non sortiscono più l’effetto sperato, Conte è pronto a mettere in discussione la sua permanenza, ovviamente non pensando alle dimissioni. 

Un copione già visto a Torino e Milano che sembra ripetersi passo dopo passo al Tottenham, con la Juventus alla finestra per un clamoroso ritorno. 


Un consiglio per il mister: restare in Premier e provare a far compiere l’ultimo step di crescita a una squadra con un budget importante e una bacheca da riempire, dimostrerebbe tutto il suo valore ben oltre le vittorie ottenute finora.

La rosa per fare benissimo ai massimi livelli c’è, non sarà la più forte (bussare a Manchester, sponda City) ma la qualità non manca. 

Resta da capire se Antonio Conte possiede la necessaria forza di volontà per vincere anche quando non è palesemente il più forte.


Buona fortuna a lui ma anche al club che sarà inserito suo malgrado in un frullatore. Corsi e ricorsi storici…




Stefano Villa-Redazione

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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