
di Roberto Pareschi
Sono convinto che per comprendere fino in fondo l’evoluzione della nostra società si debba soggiornare per qualche ora in un qualsiasi stadio e comprendere l’evoluzione dell’atteggiamento dei tifosi.
Ricordo con piacere i derby torinesi, ragazzi di tifo diverso ( non ho
usato la parola fede perché essere tifosi non significa avere una fede) uno accanto all’altro, senza astio, ciascuno tifando a favore della propria squadra e non contro l’altra squadra. Esistevano
anche allora momenti di tensione. I soliti deficienti che andavano allo stadio per far la guerra e non per vedere la partita. Ma nel complesso mi sento di poter dire che c’era tolleranza tra le diverse
bandiere e spesso anche rispetto. Vorrei fosse chiaro : non sono schiavo della nostalgia perché, per usare una citazione che Enzo Biagi usava spesso, “ il passato ha sempre il sedere più rosa “. Il
contesto in cui mi trovavo era quello.
Oggi la situazione è radicalmente cambiata. Tanto per iniziare mi
sono reso conto che non si usa più tifare per la propria squadra ma contro il suo avversario. Non vi sembra che questo succeda anche altrove, ad esempio in politica ? Inoltre il tifo assume sempre più connotati “militareschi “ , da “sturmtruppen”. Anche questa cosa non vi sembra sia molto attinente ai tempi in cui viviamo ? Ma la cosa più terribile che io percepisco riguarda la natura intrinseca di questo tifo. Il tifo per la mia squadra era per me una semplicemente
componente della vita. In caso di vittoria ero felice. In caso di sconfitta non ne facevo un dramma. Un valore piccolo piccolo accanto a valori più alti e importanti. Mi sono reso conto che per
molti giovani il tifo calcistico è oggi una vera e propria religione. Una partecipazione acritica a un evento. Uno slogan e anche un modo –forse l’unico – per socializzare e uscire dalla bolla dei social network. Tutto questo è drammatico.
Vengono alla mente frasi fatte ma che ben si attanagliano all’argomento. Vuoto di valori. Il non credere più a nulla. L’assenza della politica. Il vuoto dentro.

Ma se questo è vero allora dobbiamo fermarci un attimo a riflettere.
Dove abbiamo sbagliato verso quei giovani ? Quando è accaduto che una partita di calcio è diventata più importante della vita di tutti i giorni? Degli amori giovanili? Delle domande esistenziali non su chi vincerà lo scudetto ma sulla esistenza di Dio ?
La risposta io non ce l’ho.
Forse i “social” hanno contribuito a questo stato di cose. O forse no.
La nostra assenza come genitori? Forse.
Il troppo benessere che preclude ogni voglia di migliorarsi e di cercare qualcosa fuori e dentro di sé ? Magari.
Solo il tempo saprà fornire una risposta a ognuna di queste molte, troppe domande.