
Nel 1963, il drammaturgo tedesco Rolf Hochhuth pubblicò “Il Vicario”, un testo in cui sosteneva che Pio XII, pur a conoscenza della Shoah, per paura della vendetta nazista non levò alcuna protesta in difesa degli ebrei. Il dramma provocò moltissime polemiche e riaccese il dibattito intorno ad un interrogativo di grande rilievo storiografico ed etico: perché il papa e la Chiesa non avevano denunciato con voce forte e chiara lo sterminio? Come si dovevano spiegare, appunto, i “silenzi” del papa?
Il punto di partenza è indiscutibile: una protesta solenne, dura nella forma e inequivocabile nei contenuti, da parte del Vaticano non vi fu mai. Per i detrattori di Pio XII, la motivazione di tale assenza è da ricercare nella paura da parte del papa che le sue parole si ripercuotessero su di lui o su altri esponenti della Chiesa (dai vescovi a scendere fino ai semplici fedeli), o addirittura, secondo i critici più accesi, nella connivenza ideologica con il regime hitleriano. Per chi rifiuta questa impostazione, invece, il discorso è più complesso: il papa tacque perché riteneva che le sue parole non avrebbero certo fermato i nazisti, ma semmai li avrebbero resi ancora più feroci sia contro gli ebrei sia contro coloro che li aiutavano. Alcune proteste avanzate da Chiese locali (ad esempio in Olanda), che causarono reazioni negative dei vertici tedeschi, sembrarono confermare quei timori. Il pontefice preferì seguire un’altra strada: aiutare concretamente i perseguitati senza alcun clamore, aprendo i conventi per i ricercati, fornendo documenti falsi e falsi certificati di battesimo, procurando rifugi e nascondigli. Preti, frati, monache furono coinvolti, a rischio dell’incolumità personale, in questi piani di salvataggio; e certamente la Santa Sede, sebbene non ne conoscesse tutti i dettagli, era a favore di tali interventi, che in presenza di un’esplicita volontà papale contraria sarebbero presto cessati.
A questo punto, è chiaro che la questione diventa di principio: secondo gli uni, Pio XII DOVEVA parlare, costasse quel che costasse, perché, qualunque fosse la motivazione, una Chiesa silente di fronte a simili orrori avrebbe costituito uno scandalo insostenibile; secondo gli altri, se alla fine quel che contava era salvare quante più vite umane possibili, era meglio tacere e agire nell’ombra a favore dei perseguitati. Chi scrive queste righe, per quel che può valere, condivide l’idea del secondo gruppo: ma, soprattutto, la condivisero anche molti degli stessi ebrei, che alla fine del conflitto, prima che si scatenassero tutte le polemiche di cui ho parlato, espressero a chiare lettere il loro ringraziamento verso il papa, riconoscendo tutto quanto avevano fatto molti uomini di Chiesa per la salvezza dei loro connazionali.
