Esattamente 58 anni fa a Sebenico veniva al mondo uno dei più completi ma anche incompresi cestisti di sempre, vittima di un destino crudele.
C’era qualcosa di magico nella pallacanestro di Dražen Petrović, un suono diverso. Come se la palla nelle sue mani avesse un ritmo differente, pittorico per chi osserva e letale per i suoi avversari che non sapevano come contrastarlo.
Doti straordinarie che gli sono valse il soprannome di Mozart della pallacanestro, proprio per questo suo modo di creare basket che lo riconduceva al compositore austriaco.
Chi vi scrive per motivi anagrafici non ha potuto ammirarlo tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 quando dominava sui migliori parquet del mondo, ma se ami questo sport e ti imbatti in una sua partita del passato non puoi restare indifferente: Petrović affascina gli occhi e l’intelletto dello spettatore. Drazen attrae.
Gli inizi a Sebenico dove debutta nella massima serie a soli 15 anni mettendo tutti gli avversari in riga, le esperienze vincenti con Cibona Zagabria e Real Madrid (leggendaria la sua sfida contro Oscar nella finale della Coppa delle Coppe 1989 Real Madrid-Caserta dove mise a referto 62 punti) prima del grande salto in NBA.
È Portland nell’estate 1989 a puntare sul suo talento, ma in Oregon non riesce a trovare la giusta continuità e così nel gennaio 1991 arriva la trade: i New Jersey Nets sono la sua nuova casa.
E a Brooklyn arriva la svolta con il minutaggio e l’impatto offensivo che aumentano a dismisura.
L’opinione pubblica americana, a quei tempi molto scettica nei confronti del basket europeo e dei suoi interpreti, si innamora di questo ragazzo sfrontato con tanto, troppo talento anche a quei livelli.
Se oggi la NBA è dominata da giocatori come Giannis Antetokounmpo, Luka Doncic, Joel Embiid, Nikola Jokic e tanti altri buona parte del merito è di alcuni precursori che hanno aperto loro la strada, guidati proprio dal genio cestistico di Petrović.
Sembra l’inizio di una carriera scintillante anche oltreoceano, ma quando tutto sta girando per il meglio ecco che il destino rimischia le carte, in maniera drammatica e crudele.
Il 7 giugno 1993 Dražen, dopo una gara giocata in Polonia contro la Slovenia che chiude con 30 punti a referto, sta tornando in auto in Croazia insieme alla fidanzata Klara Szalantzy, futura signora Oliver Bierhoff.
Alle 17:20 la Golf guidata dalla ragazza si trova a Denkendorf (Germania) quando si schianta contro un camion che ha invaso la carreggiata opposta per evitare un altro veicolo. L’impatto è devastante.
Petrović, che in quel momento sta dormendo, muore sul colpo lasciando nel dolore non solo la sua famiglia ma l’intera nazione croata che perde uno dei suoi giovani eroi.
Ancora oggi il 7 giugno in Croazia è lutto nazionale, perché Dražen è stato un uomo diverso da tutti gli altri e il vuoto che ha lasciato non può essere colmato.
Da quel giorno mamma Biserka, donna dalla forza straordinaria, ha fatto tutto quello che era possibile per celebrare la memoria di quel figlio che gli è stato strappato via troppo presto, vittima di un destino crudele.
Il Museo dedicato a Dražen Petrović è una tappa fissa per tutti gli amanti della pallacanestro che passano da Zagabria, un luogo di culto per chi conosce la storia di questo grande campione, introdotto con merito nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame nel 2002.
Questo è, volutamente al presente perché le leggende non muoiono mai, Dražen Petrović, il Mozart della pallacanestro.
Stefano Villa
L’opinione sportiva di Stefano Villa: DRAZEN PETROVIC, IL MOZART DELLA PALLACANESTRO
