Il primo Duecento, in cui Francesco visse ed operò, fu un’epoca di crescita e dinamismo. Già da qualche decennio avanzava un’onda lunga di sviluppo economico: la popolazione aumentava, nuove terre erano messe a coltura, il commercio si espandeva e il ceto borghese diventava sempre più protagonista della vita sociale (e ricordiamo che pure Francesco, figlio di un ricco mercante, era un membro di tale gruppo). Di lì a qualche decennio, le conquiste mongole avrebbero pacificato le contrade dell’Asia centrale, dando ancora più impulso ai traffici carovanieri che percorrevano l’antichissima Via della Seta. In questo contesto, le città italiane avevano un ruolo centrale: realtà urbane come Venezia e Genova, Firenze e Pisa, Milano o Bari erano centri commerciali di primaria importanza, che mantenevano stretti rapporti con le fiere dell’Europa centrale e con i remoti empori sul Mar Nero o l’Egitto da cui arrivavano merci dalla Cina, dall’Arabia e dall’Oceano Indiano.

Sviluppo economico non significava però stabilità politica. All’interno delle città, si scatenavano feroci lotte tra fazioni, che spesso generavano tumulti e faide non di rado lunghe decenni, con la conseguenza che le famiglie nobili si costruivano torri e case fortificate. Tra una città e l’altra, l’endemica conflittualità causava una teoria infinita di scontri, assedi e razzie; le alleanze mutavano di continuo e i cavalieri, cuore delle truppe comunali, godevano di grande prestigio (Francesco stesso, in un certo momento della sua gioventù, non voleva forse diventare uno di essi?).
In questo quadro, anche la Chiesa attraversava un periodo irto di difficoltà. I papi degli anni di Francesco (Innocenzo III e Onorio III) e i loro successori furono impegnati in un lungo conflitto con l’imperatore Federico II, morto nel 1250; nei decenni seguenti, il papato fu sempre più coinvolto nelle beghe politiche italiane, intervenendo nelle vicende cittadine e appoggiando la calata degli Angioini francesi nella penisola, fino a creare un legame così stretto con il trono di Francia da portare (inizio Trecento) la sede papale ad Avignone.

Questi comportamenti esposero la Chiesa a molte critiche. Proprio nell’epoca di Francesco, numerosi gruppi di eretici e dissidenti sostenevano che essa fosse ormai una realtà corrotta, dimentica del Vangelo, lontana dalla cura spirituale delle anime: i celebri catari, in particolare, con un ragionamento un po’ forzato ma di sicura presa sul popolo affermavano che la corruzione e l’indegnità del clero dimostrassero la falsità del messaggio religioso cristiano.
Una situazione assai delicata, come è facile notare. Nel prossimo articolo cercheremo di illustrare come Francesco ed i suoi seguaci abbiano aiutato la Chiesa a superare questo difficile momento.
Giulio Pavignano