#lagrandeavventuradelpensiero# Uno sguardo sul Mondo Reale.

Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e nello spazio e nel tempo di un sogno è raccolta la nostra breve vita” (William Shakespeare – La Tempesta, atto IV, scena I)

articolo dello scrittore & storico Luca Roverselli

Questo è il tempo di abbandonare l’innocenza infantile nell’osservare il mondo. Per lunghi secoli è stato tacitamente postulato che la percezione che abbiamo delle cose, ogni volta che ci destiamo la mattina e apriamo gli occhi, fosse quella del mondo reale. Era quindi normale credere che quegli oggetti e quei fenomeni fossero reali nella forma in cui ci apparivano e che perciò dovessero essere indagati dal pensiero umano esattamente in quella forma e in quei luoghi, immensi o piccolissimi, perduti nelle immensità del cosmo o stretti all’interno delle più piccole particelle di materia ed energia. Questa ipotesi è la più immediata ed è sicuramente la via più facile da seguire: essa infatti non fa altro che interpolare da ciò che è immediatamente conoscibile, affidandogli per decreto lo statuto ontologico di realtà profonda dell’universo.

Greenwich

All’aurora della nostra civiltà, nelle terre che videro il fiorire l’antica cultura greca, le cose stavano però diversamente e tutto era ancora più plastico. Quello era il tempo della nascita dell’Occidente ed è lì che siamo diventati ciò che siamo e lì si è formato tutto il nostro pensiero e tutta la nostra logica. Vediamo quindi cosa si intende quando parliamo di Occidente. Anzitutto esso non è un luogo che inizia da una determinata longitudine geografica. Il meridiano di Greenwich è infatti solamente la geodetica (cerchio massimo) che per convenzione ha una longitudine di zero gradi e ciò è in vigore solo dal 1738, periodo in cui la Gran Bretagna era uno dei Paesi più importanti e influenti al mondo. Ma il Sole continuava e continua tutt’ora a sorgere e a tramontare ininterrottamente su tutta la superficie del pianeta e non esiste un punto notevole nel quale inizi o termini il giorno. Quindi il termine Occidente non si riferisce ad un luogo perché un tale luogo semplicemente non esiste. Per evitare possibili confusioni va detto che altri punti notevoli invece esistono. Essi sono per esempio i Poli. I Poli geografici sono infatti identificati come i punti sulla superficie terrestre nei quali passa l’asse di rotazione del pianeta, mentre i Poli magnetici sono le aree nelle quali le linee del campo magnetico terrestre sono perpendicolari al terreno. Allo stesso modo sono notevoli le latitudini geografiche.

Questo fatto dipende dal differente angolo con cui giungono in quelle terre i raggi solari e la questione è legata all’inclinazione che ha il nostro pianeta, nelle diverse stagioni e alle diverse latitudini rispetto all’eclittica – traiettoria apparente del Sole nel corso di un anno – che corrisponde al piano nel quale si compie la rivoluzione terrestre attorno alla nostra stella. L’Occidente e l’Oriente sono invece tutt’altra cosa e incarnano le differenti declinazioni della visione del mondo che ogni cultura umana ha generato e sviluppato nel corso della sua evoluzione. Tutto ciò che siamo, tutto ciò che immaginiamo e tutta la struttura della nostra logica deriva dalla civiltà della Grecia antica ed è stata plasmata in quella cultura. L’ambiente nel quale si trovano le terre greche, limpido e terso, in grado di mostrare quegli immensi spazi sul mare, distesi fino all’estremo dell’orizzonte, ha favorito la cristallizzazione di un’immagine del mondo sempre più esterna e indipendente dall’unità di coscienza che la osserva. Questo in sostanza è l’Occidente. Qui la coscienza rimane più “incarnata”, con il suo centro situato nel punto di vista che è proprio del corpo e dei suoi sensi e tende a dimenticarsi di sé. Noi siamo i figli di quella terra e per la nostra ordinaria intuizione il mondo e l’intero universo esistono quindi nel buio e nel gelo di un’eterna notte che si trova là fuori di noi e la nostra mente ha il compito di indagare le leggi che regolano il moto e l’evoluzione di quel gigantesco meccanismo privo di vita.

i paesaggi grandi e limpidi della Grecia

Questa visione ha influito pesantemente in alcuni periodi storici dell’indagine filosofica e scientifica ed è quel filone di pensiero che ha condotto alla nascita di quei modelli del mondo che prendono il nome di Fisica Classica. Essa infatti non è altro che una ricerca che parte da una tacita assolutizzazione che assume come valido il meccanismo del conoscere intuitivo, credendo che esso abbia la facoltà di mostrare la natura profonda dell’universo. Ne mostra una piccola sezione che si distende solo per alcuni ordini di grandezza e su di un orizzonte limitato attorno al punto di osservazione che occupa l’uomo. Ma ciò che vediamo sarebbe comunque una parte, seppur piccola, del mondo reale. Questo pregiudizio intuitivo ha preso parzialmente piede per il fatto che è immediato e facile da accettare. Parallelamente a questo paradigma (modello) di universo si è però sviluppato un pensiero immensamente più profondo che si è reso conto fin dai suoi albori che qualcosa non funzionava in quella visione così ingenua del mondo. Già al tempo dei primi filosofi greci la questione è posta dal grande Parmenide, attivo intorno al V Secolo a.C., che si rende conto dell’assoluta incongruenza di una descrizione del mondo radicata su di una conoscenza che si basa in maniera autoreferenziale sulla percezione dei sensi: percepisco qualcosa e fondando la mia logica su ciò che vedo, indago quello che vedo.

il grande matematico Kurt Godel

Questo potentissimo concetto che critica la possibilità di una conoscenza autoreferenziale, vedremo nel proseguire dei nostri appuntamenti che è oggi alla base stessa della nostra logica più profonda e si trova nei fondamenti della matematica, espresso nei Teoremi di Incompletezza, dimostrati da Kurt Godel nel 1930. Come notiamo il pensiero umano solca alcuni canali che una volta ripercorsi a distanza di molto tempo permettono la vista di nuovi e importanti filoni per conoscere la natura nascosta del mondo. Sarebbe quantomeno un’incredibile coincidenza se i sensi di cui dispone la nostra specie, che sé nata e si è evoluta su di un particolare pianeta, in un particolare ambiente fisico e in uno specifico momento della vita dell’universo, fossero in grado di osservare direttamente la realtà profonda di tutto ciò che esiste. Circa un secolo dopo Parmenide un altro grande filosofo greco, Platone descrive bene quale sia la condizione umana nel momento della sua incarnazione nel mondo e lo fa nel libro settimo del suo famoso dialogo: “La Repubblica”. Si tratta del celebre Mito della Caverna che presenta la condizione umana come quella di colui che, nato e cresciuto all’interno di un profondo mondo sotterraneo, non sospetti minimamente l’esistenza di un ambiente luminoso e variopinto all’esterno del suo cupo universo.

la splendida Acropoli di Atene

Quell’uomo crederà quindi che le ombre che scorge in fondo a quell’antro siano tutto ciò che esiste e tutti i suoi sistemi di conoscenza si fonderanno su di esse. Il primo passo è rendersi conto di quella condizione e solo in seguito si potrà uscire dalla caverna. Il pensiero umano nel corso dei secoli, dapprima grazie a piccole incongruenze sospette e poi attraverso indizi e rilevanze sempre più potenti, è via via uscito dalla caverna. In 2.500 anni di filogenesi del pensiero molte cose sono state chiarite e forniscono la base per l’evolvere della conoscenza. Ciò che oggi si inizia a comprendere della natura dell’universo affonda quindi le sue radici in tutto il lavoro che le menti di tutti i filosofi e di tutti gli scienziati hanno compiuto lungo il cammino della nostra storia e nessuno si è mai alzato una mattina ipotizzando da indipendentemente, senza studiare nulla, un modello che fosse in grado di descrivere il mondo. Tutte le teorie che conosciamo si fondano perciò su di un’interpretazione che si intreccia con il lavoro e le fatiche di chi li ha preceduti e hanno perciò radici profonde e potenti. Purtroppo molta divulgazione non pone nella giusta luce questo fatto fondamentale e presenta i risultati delle ricerche dei più famosi scienziati come se arrivassero dalla concatenazione dei pensieri di un singolo, che per tale motivo sarebbero delle mere speculazioni individuali. Vedremo invece che i modelli che si propongono di portare l’uomo alla coscienza del mondo reale e che si sono sviluppati nel corso della storia dell’Occidente hanno condotto a risultati ben tangibili e nei tempi più vicini a noi sono giunti a squarciare il velo che per millenni ha separato l’uomo dalla visione del mondo reale.

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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