
Il 13 aprile 1986, papa Giovanni Paolo II, in visita alla sinagoga di Roma, affermò che gli ebrei rispetto ai cristiani sono “fratelli maggiori nella fede”. Dal punto di vista teologico, una simile dichiarazione non dovrebbe provocare alcuna sorpresa: se per la fede cristiana il popolo ebraico è il popolo eletto, parte integrante ed iniziale della storia della salvezza che giunge al culmine con l’Incarnazione di Cristo, non appare quasi scontato che gli ebrei siano definiti fratelli e precursori? Se però volgiamo lo sguardo all’evoluzione nel tempo dei rapporti tra le due fedi e le due comunità, notiamo che i venti secoli di storia ecclesiale sono stati segnati da frequenti ed aspre polemiche teologiche con l’ebraismo, e che moltissimi episodi di intolleranza verso i figli d’Israele hanno avuto come causa scatenante l’ostilità del mondo cristiano e delle sue istituzioni religiose e politiche. Quanto detto è talmente chiaro che tra le colpe storiche di cui la Chiesa domandò perdono durante il Giubileo del Duemila ci fu anche l’antisemitismo.

Come è stato possibile questo? I discepoli di Gesù erano tutti ebrei, come ebrei erano i primi destinatari del messaggio evangelico, fondato sull’assunto che Gesù era il Messia atteso e promesso, in cui si realizzavano le Scritture e le profezie. Ma con l’andar del tempo divenne evidente che la maggior parte degli ebrei non riconosceva il valore salvifico della figura di Cristo, né tantomeno la sua divinità: il solco tra le due comunità si allargò sempre più e i teologi cristiani iniziarono a rivolgere al mondo ebraico pesanti accuse. Ne indico tre, ordinate secondo un criterio di progressiva gravità e pericolosità per i cristiani: gli ebrei, pur essendo il popolo eletto, sono divenuti ciechi a tal punto da non riconoscere il Messia; non solo non lo accettarono, ma lo misero perfidamente a morte, meritando così l’infamante titolo di “popolo deicida”; non paghi di averlo ucciso, continuano ad oltraggiarne il Nome e il ricordo, e mossi da un odio smisurato compiono ogni sorta di nefandezza contro i credenti in Gesù.
I “fratelli maggiori” divennero così, al termine dell’età antica, nemici giurati della fede, da cui guardarsi con
estrema attenzione. Nei prossimi articoli, illustreremo brevemente una delle più atroci accuse che venne loro rivolta, la cosiddetta accusa del sangue, e spiegheremo il senso di un provvedimento che in molte città e
regioni fu assunto nei loro confronti: l’imposizione di un segno di riconoscimento.
Prof. Giulio Pavignano- Redazione