La storia di Mister Cluch, diventato poi Mister Logo, un uomo che ha segnato la storia della NBA con la sua classe oltre che con la silhouette, anche se non si può dire…
Il Ritratto Sportivo di oggi è dedicato a uno dei più grandi cestisti di sempre, Jerome Allan West, conosciuto da tutti come Jerry, nato a Chelyan il 28 maggio di ottantacinque anni fa.
West inizia a giocare a basket da bambino, arrivando a frequentare la West Virginia High School.
Qui il suo talento germoglia e straccia ogni record, diventando il primo giocatore della scuola a segnare oltre 900 punti in una sola stagione.
Il futuro Laker rimane a West Virginia anche per il college dove le sue medie realizzative diventano leggendarie (24,8 punti a cui aggiunge 13 rimbalzi ad ogni allacciata di scarpe).
La sua maglia numero 44 viene ritirata dall’ateneo, una storia che si ripeterà più avanti in altro contesto…
Ma ora è tempo di fare il grande salto, di approdare tra i professionisti.
La NBA chiama e West risponde presente: nel 1960 se lo aggiudicano i Los Angeles Lakers. In gialloviola gioca la sua intera carriera durata 14 stagioni vincendo un solo anello, veramente un’inezia rispetto al suo reale talento.
In quel periodo i Boston Celtics di Bill Russell sono semplicemente ingiocabili, anche se West prova con tutte le sue forze a interrompere la dinastia verde: diventerà una vera e propria ossessione.
In una delle tante finali perse dai suoi Lakers è talmente dominante da vincere il titolo di MVP, la prima volta che il premio finisce a un giocatore della squadra battuta.
La sua eleganza è sublime, tanto che la sua silhouette diventa il logo della NBA. Tuttavia non sentirete mai dire da un dirigente della Lega che l’uomo rappresentato nel simbolo è West, altrimenti sarebbero costretti a pagargli milioni di dollari per l’utilizzo quarantennale della sua immagine.
Nel 1974 si toglie per l’ultima volta scarpette e pantaloncini dopo 25.192 punti (senza canestri da tre, non ancora inventati) e 6.238 assist e il ritiro della maglia numero 44, ma la sua storia d’amore con i Lakers è lungi dall’essere finita: si siede sulla panchina gialloviola per qualche stagione ottenendo l’accesso ai playoff ma non il titolo NBA.
Il ruolo di head coach non fa per lui e così Jerry West si reinventa dietro la scrivania: ecco la svolta che serviva per sfruttare al massimo le sue incredibili doti manageriali.
Diventa il gm dei Lakers e contribuisce a creare l’epopea dello Showtime con Magic Johnson, Kareem Abdul-Jabbar, James Worthy a dirigere le operazioni in campo e Pat Riley in panchina.
Arrivano quattro anelli in sette anni e West diventa uno degli Executive più importanti dell’intera lega.
È sempre lui a gettare le basi per il nuovo three-peat gialloviola di inizio millennio affidando la panchina a Phil Jackson, prelevando da Orlando Shaquille O’Neal e chiamando al draft un giovane destinato a fare la storia: Kobe Bryant.
Tutte le favole, anche le più belle, hanno però una fine.
Nel 2002 si chiude il rapporto quarantennale con la franchigia losangelina per aprire un nuovo capitolo. West nel 2004 viene nominato direttore generale dei Memphis Grizzlies, squadra che non sta vivendo il periodo storico migliore. Nel giro di poche stagioni la franchigia del Tennessee arriva ad avere un record di 50 vittorie, ma non riesce a ripetere i successi dei Lakers.
E qui arriva la svolta: i Golden State Warriors lo assumono come consulente e una delle prime mosse è l’opposizione a uno scambio che vedeva come protagonista Klay Thompson.
È sempre lui a mandare a Milwaukee Monta Ellis in cambio di Andrew Bogut (mossa non vista di buon occhio dal pubblico all’epoca) permettendo l’esplosione definitiva di Steph Curry.
Sarà proprio Jerry West una delle persone che convincerà Kevin Durant ad approdare a San Francisco per aprire una vera e propria dinastia.
Alla soglia degli ottant’anni West non ne vuole sapere di ritirarsi e torna a Los Angeles, ma questa volta dall’altra parte della barricata. I Clippers lo assumono come consulente per provare a lottare per il titolo.
Il suo fascino sarà decisivo per gli arrivi di Kawhi Leonard e Paul George che porteranno la franchigia stabilmente nelle posizioni di vertice, senza arrivare all’ultimo atto.
Un giocatore dall’eleganza unica che non ha ottenuto i successi che avrebbe meritato che fa da contraltare a uno dei dirigenti più vincenti della storia della lega.
Un uomo che ha segnato la storia della NBA anche con la sua silhouette, ma questo non si può dire…
Stefano Villa – reporter cooperator contg.news
#sport#Ritratti sportivi di StefanoVilla: JERRY WEST, LA STORIA DI MR.LOGO
