#sport# Ritratti Sportivi di Stefano Villa: DENNIS RODMAN COME NON LO AVETE MAI PENSATO

Il ‘Verme’ è stato spesso considerato esagerato, istrionico. Ma dietro quel suo essere sopra le righe c’è molto di più.

“Voglio una vita spericolata, voglio una vita come Steve McQueen”, cosi cantava Vasco Rossi al festival di Sanremo del 1983 classificandosi al 25° posto. Quando si dice che non tutto è chiaro dall’inizio…
Se il ‘Blasco’ avesse scritto oggi quella canzone poteva tranquillamente volere la vita di Dennis Keith Rodman, il giocatore che ha rivoluzionato a modo suo il mondo della NBA.

Un giocatore istrionico, che si è messo addosso qualsiasi abito (compreso quello da sposa per la presentazione della sua iconica autobiografia “Bad as I wanna be”..) e ogni tonalità di colore in testa. Dietro a questo suo essere sempre oltre ogni limite c’è però uno dei giocatori più intelligenti ad aver mai messo piede su un parquet.

Ma per capire il personaggio Rodman bisogna partire da Dallas, dove Dennis nasce nel 1963.
Cresce in una famiglia con sole donne, dato che il padre scappa nelle Filippine poco dopo la sua nascita per contribuire in maniera sostanziosa alla crescita demografica del pianeta (si stima che abbia avuto 29 figli, anche se la leggenda dice che siano almeno 54…).

E gracile Dennis e anche nello sport non eccelle: a 18 anni è un ragazzino di 175 cm, ma solamente due anni dopo Madre Natura gli concede una crescita di 25 centimetri nel giro di una sola estate che gli consente di iniziare a giocare in maniera concreta a basket, la sua nuova ragione di vita che lo mette in fuga dalle cattive compagnie. Le stesse che l’hanno portato in prigione per una notte dopo un furto di orologi all’interno dell’aeroporto dove lavorava.

A 22 anni lascia Dallas per andare a giocare a basket in un piccolo college dell’Oklahoma, la Southeastern Oklahoma State University.
L’esordio è di quelli che non si possono dimenticare: 24 punti e 19 rimbalzi. Di lui stupisce la grande capacità di leggere le traiettorie dei tiri che gli permettono di essere nella posizione migliore per catturare il rimbalzo, una dote che tornerà utile più avanti.

Rodman cresce e trova serenità anche fuori dalla palestra, lavorando sul suo gioco quotidianamente migliorando a vista d’occhio. La sua crescita è spaventosa e porta diverse franchigie NBA ad interessarsi a lui.
Nel 1988 il grande salto: i Detroit Pistons puntano su di lui per fare il definitivo salto di qualità, una scelta che sarà vincente.

Coach Chuck Daly diventa il padre che non ha mai avuto e i suoi compagni la famiglia che cercava.
I Pistons di quel periodo con giocatori del calibro di Isiah Thomas, Bill Laimbeer e John Salley vengono ribattezzati “Bad Boys” e dominano la NBA di fine anni ’80 portando in Michigan due anelli.
Ma la gioia lascia presto spazio alla depressione: Detroit si sgretola in pochi anni e Rodman arriva a un passo dal gesto estremo.
L’11 febbraio 1993 viene ritrovato nel parcheggio del Palace, con un fucile puntato alla testa: serve un cambiamento immediato.

Detroit lo manda a San Antonio, ma la sua esperienza con gli Spurs viene ricordata per la presentazione dove sfoggia un biondo ossigenato alla Wesley Snypes e per la liaison con la pop star delle pop star Maria Ciccone, per tutti Madonna.
In campo non arriva la svolta che in molti si aspettano e gli Spurs decidono di scambiarlo con i Bulls.

Qui trova l’amore tecnico della sua carriera: Phil Jackson, l’uomo perfetto perché ignora tutte le stravaganze e l’esibizionismo di Rodman, concentrandosi solo sul campo e sull’apporto che può dare.
Dennis assorbe perfettamente e a tempo di record i concetti del triangolo di Tex Winter e diventa la chiave del gioco dei Bulls dimostrando grande intelligenza tattica, unita a una forma fisica pressoché perfetta.
Fa effetto scrivere questo pensando che quella è la squadra di Jordan e Pippen, ma nella realtà i fatti sono proprio questi: Dennis la chiave del gioco di Chicago.

Rodman è fondamentale per la conquista del secondo three-peat dei Bulls, e poco importa se fuori dal campo passa molto tempo a bere, giocare d’azzardo e praticare wrestling (celebre il suo incontro in WCW in coppia con Hulk Hogan contro Karl Malone e Diamond Dallas Page).

Dopo l’ultimo ballo con i Bulls del 1998, Rodman passa ai Lakers prima e ai Mavericks dopo, non riuscendo a tornare ai livelli competitivi di un tempo.
Quella con i Mavs è però un’avventura da raccontare, durata solamente 29 giorni e 12 partite, con 2 espulsioni rimediate, prima del taglio. Tutto questo con una media di 14 rimbalzi, perché anche a quell’età Rodman rimaneva il più forte nella lotta sotto i tabelloni.
Si ritira a 37 anni dopo aver vinto cinque titoli NBA ed esser stato per sette volte il miglior rimbalzista della lega, ma non smette certo di far parlare di sé.

The Worm, soprannome che si merita da ragazzo per il suo modo di muoversi mentre gioca a flipper, è sempre nell’occhio del ciclone per paternità indesiderate, il matrimonio durato solamente 9 giorni con Carmen Electra, l’amicizia con il presidente coreano Kim.
Un personaggio controverso dalle mille sfaccettature, ma un grande atleta molto spesso sottovalutato per via di un carattere non semplice.
Dennis Rodman ha segnato un’intera generazione di appassionati di basket NBA con il suo essere meravigliosamente controcorrente.

Come Dennis, solo Dennis.

Stefano Villa-reporter cooperator contg.news

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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