IL BOOMER E IL SERVIZIO MILITARE. #boomerlife di Roberto Pareschi

L’arrivo della cosiddetta “ cartolina rosa” e la successiva partenza
per il servizio militare sono sempre stati, per quelli della mia
generazione, un momento davvero traumatico ma nello stesso
tempo importante. Non parlo ovviamente dell’aspetto “militaresco”
insito in questo rito annuale a cui noi tutti eravamo sottoposti. Non
parlo neppure della possibilità di usare fucili e pistole O dei pensieri
guerrafondai da caserma.
Parlo di altro.
La mia generazione in fondo non ha mai avuto la possibilità, come
si dice oggi, di “ vedere il mondo”. Un viaggio a Roma era già
percepito come una vera e propria avventura. Non si parlava di
crociere, di luoghi esotici o di anni sabbatici alla scoperta del
mondo.


Il servizio militare era dunque forse il primo momento in cui noi
boomer ci confrontavamo con un mondo diverso da quello in cui
eravamo abituati a vivere. E il primo impatto era appunto spesso
traumatico. Scaraventati dalla atmosfera ovattata della famiglia e
dalle dolcezze di ogni madre italiana alle urla, agli ordini, alla rigida
disciplina delle caserme, subivamo spesso un vero e proprio
trauma esistenziale.
Si diceva, allora, che il servizio militare aiutava a diventare uomini.
Per la verità molti – anche alcuni politici – lo dicono ancora oggi.
Era ed è un luogo comune che neppure due guerre mondiali sono
riuscite a far scomparire.
Nulla di più falso.
Il servizio militare semplicemente aiutava a capire che cosa erano
gli uomini, non a essere uomini. Era un piccolo mondo, un
laboratorio sociale dove si imparava a conoscere tanti sentimenti spesso negativi. E dove si imparava ad obbedire. Sempre e
comunque, senza mai chiedersi il perché di un ordine.
E’ un valore questo atteggiamento ?
E’ un valore l’arroganza, la filosofia del più forte, il famigerato e
odioso “ nonnismo” ?
Ma in fondo non è giusto essere così negativi.
Si instauravano in quel periodo anche molte amicizie che poi
spesso si trascinavano, come nel mio caso, per anni.
Per quasi tutti noi era davvero difficile dare un valore a quel tempo.
Alle marce in cortile. Ai giri di corsa “ per punizione “ attorno
all’enorme cortile. Agli allineamenti nelle parate. Alle marcette
militari e all’esaltazione della vita militare.
Attendevamo il trascorrere del tempo, ansiosi di tornare dalle nostre
mamme, dalle fidanzate, alla vita monotona di sempre.
Forse per questo noi boomer non siamo mai diventati veri uomini,
dediti alla forza e alla cura del fisico, ma solo e sempre poveri e
squallidi “ominicchi”.

Roberto Pareschi-reporter cooperator contg.news

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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