Kazaki, lituani, bielorussi. Buriati, circassi, armeni. E poi ancora georgiani, estoni, moldavi, kirghisi, ucraini, azeri… c’è chi ha detto che l’Unione sovietica dominasse su cento etnie diverse, tanto che Stalin ebbe tra i suoi soprannomi anche quello di “padre dei popoli”.
Migliaia e migliaia sono i volumi che nel tempo sono stati dedicati all’Urss, molti dei quali scritti dopo la caduta del Muro e dunque con una distanza temporale adeguata per una riflessione storica distaccata e obiettiva. Le valutazioni si sono in gran parte concentrate sul modello socio-economico che l’Unione sovietica ha tentato di realizzare, constatandone il sostanziale fallimento: un progetto nato con l’intento di suddividere equamente la ricchezza ha di fatto moltiplicato la povertà, con l’aggravante di aver creato un regime dittatoriale e oppressivo che per decenni ha privato i cittadini di ogni libertà e si è proposto, riuscendovi, il ferreo controllo di molti Stati confinanti.
Uno degli aspetti meno studiati del mondo sovietico- anche se non ignorati in assoluto- è stata invece la forzata coabitazione di molti popoli diversi, spesso costretti ad una progressiva “russificazione” nella lingua e nei costumi. Come tutte le dittature, l’idea era che da est a ovest -cioè dal fondo dell’Asia al cuore, o quasi, dell’Europa- ci fossero le stesse leggi e le stesse abitudini, con provvedimenti che ignoravano la democrazia ma spesso anche il semplice buonsenso (come il principio, che mi è stato raccontato durante una visita in Armenia, secondo cui tutte le capitali delle Repubbliche sovietiche dovevano raggiungere il milione di abitanti, con conseguenti urbanizzazione selvagge, i cui effetti si vedono ancor oggi nelle surreali presenze di palazzoni abbandonati o nemmeno finiti, e migrazioni più o meno forzate per aumentare gli abitanti del capoluogo).

L’osservazione di quanto è avvenuto dopo il crollo dell’Urss è, da questo punto di vista, di grande interesse per lo storico. La corsa all’indipendenza dei Paesi baltici, i violenti conflitti sorti tra ex Repubbliche (ad esempio tra Armenia e Azerbaigian), la fuga di molti Stati verso l’Occidente e la Nato, e naturalmente la tragica guerra che sta insanguinando l’Ucraina sono tutti avvenimenti che dimostrano come sia difficile pianificare dall’alto la coesistenza di popolazioni diverse, senza alcun rispetto per identità, culture, religioni e stili di vita: quando viene meno la forza del pugno di ferro, i problemi esplodono, rivelando tutti gli errori compiuti da apprendisti stregoni illusi di poter realizzare un unico calderone sottomesso alla propria autorità.
Prof.Giulio Pavignano –reporter cooperator contg.news