Luigi Groto nacque ad Adria l’8 settembre 1541. Il padre era il notaio Federico Groto, che purtroppo morì nel 1545, quando il figlio aveva appena quattro anni; la madre si chiamava Maria. Ci sono però alcune divergenze fra gli studiosi sulle origini di Luigi; innanzitutto secondo alcuni nacque cieco, mentre secondo altri lo divenne pochi giorni dopo la nascita. Poi alcuni studiosi affermano che la sua famiglia era nobile, mentre altri negano che avesse alcuna nobiltà di sangue. Quel che è certo è che Luigi Groto fu soprannominato “Il Cieco d’Adria”.
Nell’arco della vita Luigi Groto aderì a diverse accademie letterarie, fra le quali l’Adriese Accademia di Umane Lettere (fondata nel XV secolo) e istituì una propria scuola, l’Accademia degli Illustrati.
Ma nel 1567 (a soli ventisei anni) Groto fu processato come eretico perché aveva professato dottrine antitrinitarie e per essersi fatto leggere testi di Erasmo da Rotterdam e di Bernardino Ochino. La condanna che gli venne inflitta fu l’esclusione da ogni sorta di insegnamento. Certo non era una condanna particolarmente crudele, se paragonata ad altre celebri sentenze emesse dall’inquisizione, tuttavia la perdita della possibilità di insegnare fu pesante per Groto, che durante tutta la vita dovette affrontare condizioni economiche precarie.
Luigi Groto morì a Venezia il 13 dicembre 1585 per un improvviso attacco di pleurite; aveva appena quarantaquattro anni.
Groto fu autore di opere teatrali e persino di carmi latini. Noi ci occuperemo di questo sonetto:
Fortezza e senno Amor dona, non tolge;
giova, non noce; al ben, non al mal chiama;
trova, non perde onor, costumi, fama;
bellezza e castità lega, non sciolge;
dolcezza, non affanno l’uom ne colge;
nova perfidia Amor rompe, non trama;
prova, non crucia; il duol odia, non ama;
prezza, non scherne; in buon, non in rio volge;
vita, non morte dà; gioia, non pena;
sorte buona, non ria; frutto, non danno;
invita al ciel, non a l’inferno mena;
accorte, non cieche or l’alme si fanno;
aita, non offende; arma, non svena;
forte, non molle Amor; dio, non tiranno.
Che cos’ha di speciale questo sonetto? A parte la ricorrenza dell’avverbio non, presente in tutti i versi (e in alcuni due volte)? Provate a leggere ciascun verso al contrario e vedrete! Metto solo i primi due versi a titolo di esempio, poi sarete voi a continuare:
Tolge, non dona Amor senno e fortezza;
chiama al mal, non al ben; noce, non giova;
Il significato è esattamente opposto a quello di prima! Se si legge il sonetto dall’inizio, le tradizionali accuse contro Amore vengono confutate; se lo si legge dalla fine, tali accuse vengono ribadite. Per l’aspetto tecnico-formale, è importante questa notazione di Edoardo Taddeo: <La lettura da destra a sinistra mantiene intatte le norme metriche dell’endecasillabo, ed obbedisce allo schema di rime del sonetto in generale, e di questo in particolare (in entrambe le versioni le terzine rimano CDC DCD)>.
In conclusione noteremo che il sonetto da noi considerato non è l’unico nel quale Luigi Groto ha proposto dei giochi letterari, perché ne scrisse anche uno in cui tutte le parole iniziano con la lettera D.
Michel Camillo- contg.news
#testimoninelmondo. Conosciamo Luigi Groto
