In questo secondo articolo, illustrerò le conseguenze che la scoperta di Colombo ebbe sull’economia, l’ambiente e gli stili di vita del Vecchio e del Nuovo Mondo (tralasciando, per ora, le tragiche ricadute sulle popolazioni amerinde, di cui ci si occuperà in qualche intervento futuro).
I popoli americani, rimasti per millenni isolati dal resto dell’umanità, avevano sviluppato coltivazioni autoctone, sconosciute agli europei. Quando questi ultimi ne constatarono la bontà e l’efficacia nutritiva, le introdussero sull’altra sponda dell’Atlantico, dove molte trovarono un ambiente così favorevole da attecchire con grande facilità, divenendo parte integrante ed essenziale dell’agricoltura e dell’alimentazione del Vecchio Mondo. I tre prodotti più importanti di questa rivoluzione alimentare furono senza dubbio il mais (la cui denominazione popolare, “granoturco”, indica la convinzione che provenisse da quelle che si ritenevano ancora terre asiatiche), un cereale altamente nutritivo, capace di crescere in fretta e dotato di una resa doppia rispetto al grano; la patata, adatta a quasi tutti i climi e i terreni, che divenne centrale nella dieta delle classi umili, sostituendo spesso la castagna; i fagioli, con varietà più nutrienti rispetto a quelle europee, che raggiunsero i primi posti nella graduatoria dei legumi più utilizzati. A questo trio vanno aggiunti altri prodotti notissimi e consumati da tutti, come il peperoncino, il pomodoro, il cacao, il melone e le arachidi.
Per la fauna, invece, il processo avvenne al contrario: in America non c’erano in pratica animali domestici, ad eccezione dei lama e alpaca delle Ande, per cui furono gli europei ad introdurre nuove specie nelle terre scoperte. Cani, cavalli, pecore, mucche, maiali e pollame attraversarono così l’oceano, diffondendosi prima allo stato brado (soprattutto maiali e pecore), e venendo in seguito allevati dai locali, con risultati a volte davvero eccellenti (si pensi al cavallo per le tribù indiane del Nordamerica). Ma l’invasione di queste nuove specie causò anche rilevanti squilibri ambientali, alterando gli habitat boschivi e forestali e modificando sensibilmente anche i paesaggi e la morfologia delle pianure (ad esempio nella pampa argentina).
Si sente a volte dire che Colombo non ha davvero scoperto l’America, perché altri navigatori – i vichinghi medievali- raggiunsero le coste del Canada prima di lui. Anche se questo è probabilmente vero, il punto è un altro: i vichinghi non sono tornati indietro, non hanno creato un ponte tra le due rive dell’Atlantico. A Colombo spetta il merito non tanto di aver raggiunto per primo un continente nuovo, ma di aver mutato la visione del mondo: con il suo viaggio, il mito di terre favolose diventa realtà, e il chiuso recinto del Vecchio Mondo si apre ad un’epoca nuova in cui nulla sarà più come prima.
Giulio Pavignano-contg.news