L’ex giocatore di Philadelphia ha finalmente iniziato la sua avventura ai Brooklyn Nets, ma se il buongiorno si vede dal mattino non c’è molto di cui essere allegri.
Uno dei temi più interessanti di questo primo quarto di stagione in NBA è l’inizio dell’avventura con la maglia dei Brooklyn Nets di Ben Simmons, l’uomo aspettato al varco da tutti gli appassionati dopo la stagione di pausa vissuta nella strada tra Philadelphia e New York.
Arrivato la scorsa primavera ai Nets nell’ambito della trade che ha portato James Harden alla corte di Doc Rivers, Simmons doveva essere il terzo violino al fianco di Kevin Durant e Kyrie Irving. Tuttavia il suo cammino in bianconero non solo è iniziato in salita, addirittura peggio.
Estraneo al gioco, discontinuo, falloso oltremodo, un danno alla squadra invece di essere una soluzione importante sui due lati del campo.
Tutto questo per la disperazione di coach Steve Nash che l’ha difeso a mezzo stampa, più per salvaguardare un patrimonio tecnico della franchigia che per sua reale convinzione.
La risoluzione del contratto con il tecnico canadese e la successiva promozione di Jacque Vaughn non ha cambiato le cose.
Eppure Simmons ha dimostrato tutto il suo valore con la maglia dei Philadelphia 76ers risultando, insieme a Joel Embiid, il giocatore più impattante nel processo di crescita di una squadra passata da ultima forza della lega a presenza fissa ai playoff. Mancava solamente l’assalto al titolo NBA, ma Simmons ha deciso di cambiare per provare a rincorrere l’oro in un contesto a lui più congeniale.
Al momento però la soluzione Brooklyn non sembra essere l’opzione giusta per lui e viceversa. Paradossalmente, o forse no, i Nets giocano meglio quando lui non è in campo, nonostante i risultati altalenanti di questo avvio di stagione.
Ovviamente chi scrive non ha mai conosciuto di persona Simmons, ma analizzare quello che gli passa per la testa quando scende sui parquet NBA risulta affascinante anche per chi non ha incontrato nella sua vita gli studi di psicologia come il sottoscritto.
Un giocatore letale in penetrazione con una visione di gioco spaventosa, almeno nel suo periodo a Philadelphia, che non riesce a trovare una routine convincente ai liberi. Per non parlare della drammatica, sportivamente parlando, percentuale nel tiro da tre punti, il vero tallone d’Achille di Simmons che ormai viene lasciato dal diretto marcatore con metri e metri di spazio quando si trova oltre l’arco. Ogni squadra avversaria sa bene che Ben non guarda nemmeno più il canestro da quella distanza.
Sembra esserci una sorta di paura psicologica nel gioco di Simmons che certamente non scende sul parquet con la mente libera, risentendo della pressione che i tifosi, la stampa e gli addetti ai lavori hanno messo sulle sue spalle, un carico di responsabilità eccessivo.
Questa stagione sarà importante per i Brooklyn Nets che devono rialzarsi dopo una partenza complicata, ma soprattutto sarà fondamentale per Ben Simmons, un giocatore troppo forte per essere quello che abbiamo visto in queste prime uscite newyorkesi.
Stefano Villa
