Perchè rileggere Tucidide e Lucrezio in tempo di Covid. Il nuovo libro di Remo Viazzi.

«Se la guerra è un male del tutto ascrivibile all’agire umano, esattamente come aveva sottolineato il Manzoni con spietata ironia, la peste no. La risposta alla domanda perché la peste? fa fatica a trovare una risposta sensata e condivisibile tanto in Tucidide quanto in Lucrezio, così come in Manzoni». Con questa citazione di apertura tratta da La peste: il Male? Leggere Tucidide e Lucrezio ai tempi del Covid, edito da Mimesis/Resilienze, dialoghiamo con il professore Remo Viazzi sul suo ultimo libro.

Professore, intanto grazie per averci concesso questa intervista

Grazie a voi per darmi questa opportunità.

La prima domanda che la nostra testata le pone è tratta quasi, si può dire, dal titolo del libro: perché è importante leggere Tucidide e Lucrezio oggi ai tempi del Covid-19?

I tempi del Covid c’entrano sino a un certo punto: leggere Tucidide e Lucrezio è importante, oltre che gratificante, in ogni epoca. Sono due autori che hanno avuto un peso non indifferente nella nostra cultura. Naturalmente, leggere le pagine dei due autori mentre in mezzo mondo imperversava la peste (anche se il lavoro lo avevo cominciato molto prima) mi ha aiutato a riflettere meglio sulle loro parole e a comprendere come, ai loro occhi, una tragedia di quella portata potesse apparire non solo come uno dei tanti mala in mundo, quanto piuttosto come il vero Malum mundi. Il titolo, in verità, è un po’ ruffiano, ma le analogie non mancano e l’impotenza dell’uomo di fronte all’ignoto e ai colpi del destino non è cambiato. All’inizio dell’epidemia tutti brancolavano nel buio, compresi medici e scienziati, per non dire della Chiesa, prona ai diktat dello Stato, esattamente come narrano che avvenne ad Atene i due autori classici.

Il tema della Peste nella storia della letteratura è molto frequente: perché lei ha scelto proprio Tucidide e Lucrezio che non sono due autori conosciuti da tutti rispetto ad altri come Manzoni e Boccaccio che sono più noti?

La mia volontà, all’inizio, era proprio quella di affrontare anche Boccaccio e Manzoni. L’impostazione del libro, però, è figlia del mio rapporto con il compianto professor Carlo Angelino, che individuava nei due autori classici due antesignani del pensiero antitetico. Questo è da intendersi come “unica possibile filosofia dell’avvenire”, e vuole accantonare la questione dell’essere, da cui erano scaturite le opere di Parmenide prima e di Platone e Aristotele poi, per indirizzarsi piuttosto verso quella del male. Tre sono le domande capitali che permeano il pensiero antitetico: Perché il nulla piuttosto che l’essere? Perché la morte piuttosto che l’immortalità? Perché il male piuttosto che il bene? A tutte non è facile dare spiegazione e tante volte la risposta non può che essere fideistica. Eppure, anche a leggere le pagine di Caracciolo e di Pareyson le risposte non sono del tutto convincenti e Dio stesso sembrerebbe essere stato di fronte alla domanda intorno al Male, che, quindi, sarebbe cooriginario del Bene. Questo, essendo io cattolico e praticante, mi ha particolarmente messo in difficoltà.

Pensa che quello che stiamo vivendo con il Covid-19 abbia delle similitudini con la famosa Peste di Atene descritta da Lucrezio e Tucidide o che cosa invece è diverso?

Come accennato prima, l’uomo di fronte all’ignoto si ritrova del tutto spiazzato e impotente. Tucidide fonda la moderna storiografia, che ambisce a essere scienza e, quindi, razionale ed esaustiva, Lucrezio è un filosofo. Eppure l’uno e l’altro non riescono a dire “perché la peste”, ma possono solo raccontare “cosa è”. All’inizio dell’epidemia molte delle ipotesi di medici e scienziati si sono rivelate erronee, in contraddizione l’una con l’altra, impotenti a dare delle soluzioni. Persino la religione è arretrata: le Chiese sono state chiuse (non tutte per fortuna!). Peggio: le persone care sono state lasciate morire da sole, i funerali non sono stati celebrati, i vincoli sociali, anche quelli più stretti e naturali, sono stati spezzati. Tutto questo è raccontato molto bene anche in riferimento alla peste di Atene: l’incapacità dell’uomo a dare risposte, la sua impotenza lo portano a commettere mali incommentabili tirando fuori il peggio da lui. È il male che si aggiunge al Male. Quella epidemia, però, provocò la morte di circa un terzo della popolazione della città.

Oggi siamo abituati a trattare questi temi prevalentemente o con la saggistica o con il romanzo, perché invece Tucidide e Lucrezio prediligevano la poesia e la storia?

In verità entrambi gli autori usano generi letterari confacenti alle tematiche che trattano. Per lungo tempo, sino a Platone, i filosofi avevano scritto in versi, in esametri, il verso appunto della poesia didascalica e scientifica. Tucidide, poi, l’ abbiamo detto, fonda la scienza storica, ma già prima di lui Erodoto aveva scritto in prosa e Lucrezio si rifà a Epicuro, che appunto aveva scritto il suo poema in versi. Il fatto è che, di fronte alla peste, entrambe le scelte stilistiche degli autori vacillano. Le presunte analiticità, razionalità e chiarezza di visone di Tucidide cedono sotto i colpi imperscrutabili di un’epidemia che sta falcidiando la città e che colpisce anche lui, che pure “miracolosamente” si salva. Lucrezio, travolto dalla sua narrazione, preso dalla materia che sta raccontando, smette di essere filosofo si fa poeta e tocca uno dei vertici della sua poesia: commuove e fa commuovere, non proprio le finalità di un’opera di carattere filosofico.

Siamo arrivati direi alla conclusione. Un’ultima domanda che è anche una provocazione però gliela faccio: davvero lei è sicuro, come affermato dalla citazione iniziale, che l’attuale “Peste” o, come la si chiama scientificamente oggi, Covid-19 non sia ascrivibile anche all’agire umano?

Naturalmente oggi sappiamo bene quali sono le cause che provocano una malattia: la tattica di Pericle all’alba della guerra del Peloponneso racchiude ad Atene moltissima gente, un veicolo potente all’espandersi della malattia. L’uomo, quindi, con le sue azioni è determinante: può limitare la forza della malattia e può, faticosamente, stabilire bene cos’è. Rimarra sempre difficile per l’uomo dire “perché”. Perché tanti morti, perché i bambini, perché le donne gravide, perché così tanto Male? Se poi la domanda voleva sapere altro posso dire che rispetto a certe tesi complottistiche sono piuttosto scettico, anche se – purtroppo – le voci di coloro che affermano “beatamente” che nel mondo siamo troppi e che presto non potrà “sostenerci” tutti sono sempre di più e sempre più ascoltate. E questo, naturalmente, è molto preoccupante.

Andrea Gaggioli – corrispondente Liguria

Pubblicato da Emanuele Dondolin

Direttore Responsabile ed Editoriale di Contg.News Iscritto all'Ordine dei Giornalisti Pubblici

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