Ritratti Sportivi: ENZO BEARZOT, IL GRANDE VECIO DEL CALCIO ITALIANO

Un tecnico che ha lasciato un segno indelebile nella storia del calcio e nel ricordo dei giocatori che ha allenato.

Pipa in bocca, persona seria e capace di capire il problema della squadra al momento giusto: Enzo Bearzot è stato forse il tecnico più amato dai giocatori a sua disposizione nel corso di un episodio mondiale.

Dopo una carriera da difensore con le maglie di Pro Gorizia, Inter, Catania e Torino, Bearzot entra a far parte degli allenatori del settore giovanile del Torino e sarà l’assistente di Nereo Rocco prima e di Edmondo Fabbri poi, prima di diventare allenatore del Prato. Dal 1969 entra nel giro della Nazionale e, fino al 1975 allena la squadra Under 23 prima di ottenere la promozione e diventare CT degli azzurri (fino al 1977 condivide la panchina con Fulvio Bernardini).

L’inizio non è dei migliori visto che l’Italia non si qualifica per gli Europei del 1976, ma i frutti del suo lavoro iniziano a farsi vedere ai Mondiali Argentini del 1978 dove gli Azzurri arrivano quarti facendo vedere il miglior gioco e contando sulla coppia d’attacco formata da Paolo Rossi, che tornerà protagonista della nostra storia più avanti, e Roberto Bettega.

Agli Europei del 1980 giocati in casa l’Italia arriva nuovamente quarta, ma nella testa del “Vecio” (questo il suo soprannome) era tutto apparecchiato per i Mondiali Spagnoli del 1982. Il rapporto con i 23 giocatori convocati per quel Mondiale è molto più del classico rapporto allenatore-giocatore, è un qualcosa di viscerale che creò l’amalgama giusta per raggiungere un risultato incredibile da autentica outsider.

Diverso, invece, il feeling che unì il “Vecio” alla stampa italiana che criticò aspramente la scelta di portare in Spagna Paolo Rossi, attaccante della Juventus che disputò soli cinque match nei due anni di preparazione al Mondiale in seguito alla squalifica inflittagli dopo lo scoppio del Calcioscommesse, invece di affidare l’attacco azzurro a Roberto Pruzzo che nella stagione appena conclusa era stato il capocannoniere del campionato. Fu la scelta decisiva perché, dopo un girone eliminatorio da dimenticare, Rossi divenne l’ago della bilancia degli Azzurri segnando tre gol al Brasile, due in semifinale alla Polonia e uno in finale alla Germania.

Ma tra le scelte molto contestate ci furono le convocazioni di Dino Zoff, portiere e capitano di quella squadra considerato finito data l’età anagrafica (40 anni), e di Franco Selvaggi, centravanti del Cagliari che la stampa vedeva inadatto per la Nazionale.

In questo clima di contestazione e leggera indifferenza l’Italia di Enzo Bearzot diede il meglio di se grazie alle folate offensive di Bruno Conti, un giocatore che riuscì ad interpretare al meglio le due fasi di gioco, al temperamento di Marco Tardelli e Gabriele Oriali, alla grande organizzazione della linea difensiva che poteva contare sul talento di giocatori del calibro del compianto Gaetano Scirea, Claudio Gentile, Antonio Cabrini, Fulvio Collovati e Beppe Bergomi. Davanti, oltre a Paolo Rossi, c’erano Francesco “Ciccio” Graziani, Alessandro “Spillo” Altobelli e, come già detto, Franco Selvaggi.

Bearzot allenava poco nelle ore precedenti agli incontri preferendo interagire con i suoi giocatori durante gli spostamenti con l’autobus dove parlava individualmente con ognuno dei protagonisti di quel mese magico del 1982.

Dopo il fischio finale di Italia-Germania 3-1 può scattare la festa per quella che è stata la più bella vittoria degli Azzurri, un successo che nessuno si aspettava dato il livello delle compagini avversarie: la Germania di Karl-Heinz Rummenigge, la Francia di Michel Platini, il Brasile di Socrates e Falcao, l’Argentina Campione del Mondo in carica di Diego Armando Maradona. Tutte squadre battute dall’Italia del “Vecio”.

L’11 Luglio 1993 Bearzot ottenne la vittoria del Campionato Mondiale Over-35 allenando molti dei giocatori che undici anni prima gli avevano regalato la gioia più grande.

Il tecnico friulano ci ha lasciati il 21 dicembre 2010, 42 anni esatti dopo la morte di Vittorio Pozzo, il più vincente allenatore della Nazionale Italiana e proprio dietro Pozzo come numero di presenze sulla panchina azzurra c’è “il Vecio”, cuore granata con la pipa sempre in bocca. Non poteva che finire cosi la grande storia di Enzo Bearzot, il “Vecio” che ha regalato a milioni di italiani un successo tanto bello quanto inaspettato, e forse è questo che lo rende cosi indimenticabile.

Stefano Villa – reporter cooperator

Lascia un commento