Un giocatore capace di segnare un’epoca nella storia della pallacanestro, un maestro zen prestato al basket.
Fino a quando è stato sui parquet NBA Tim Duncan sembrava non essere in grado di invecchiare. Anche in età avanzata il suo gioco rispecchiava nel migliore dei modi ciò che il caraibico è stato per i San Antonio Spurs fin dal suo arrivo nella lega nel 1997, prima scelta assoluta al Draft. Una chiamata voluta fortemente da coach Gregg Popovich che fin dai primi momenti crea un legame unico con Duncan: a volte non serve nemmeno parlare per capirsi.
In Texas Duncan va a formare le “Twin Towers” con l’Ammiraglio David Robinson, uno dei più grandi atleti mai visti su un campo da basket, e vince il premio di rookie tenendo una media di 21 punti, 11 rimbalzi e 2 stoppate, numeri che gli consentono di entrare nel miglior quintetto della stagione e di partecipare al suo primo All Star Game, non male per un debuttante!
Il 1999 è l’anno della svolta: San Antonio ai playoff elimina Minnesota, Los Angeles Lakers e Portland Trailblazers per raggiungere le Finals contro i New York Knicks di Patrick Ewing. Duncan domina la serie chiusa sul 4-1 e al suo secondo anno vince il primo titolo (anche per gli Spurs è la prima affermazione) venendo eletto miglior giocatore delle finali.
Il nuovo millennio porta in dote diverse novità: nel 2002/03 Robinson annuncia il ritiro al termine della stagione, ma in squadra sono arrivati due giovani talenti molto interessanti, Tony Parker e Manu Ginobili.
La cavalcata playoff è inesorabile e porta al titolo nella finale vinta contro i New Jersey Nets, secondo anello per Duncan e Robinson che può ritirarsi da vincitore come merita.
In questa fase della carriera Tim è uno dei giocatori più importanti della NBA e, pur con un carattere molto schivo, diventa leader tecnico ed emotivo del gruppo.
Nel 2005 i suoi numeri in stagione regolare calano leggermente, ma la squadra torna in finale contro i Detroit Pistons campioni in carica. Gli Spurs vincono la serie in sette partite conquistando il terzo titolo in otto anni e Duncan è ancora una volta MVP delle Finals, la terza volta in carriera come Jordan, O’Neal e Magic Johnson, l’élite della pallacanestro mondiale.
La squadra di coach Popovich continua a essere stabilmente in testa alla lega e nel 2007 torna ancora una volta in finale contro i Cleveland Cavaliers della giovane stella LeBron James. I presupposti per una grande finale ci sono tutti, ma il campo dice ben altro: 4-0 e quarto titolo in bacheca per Duncan che diventa una vera e propria leggenda della disciplina.
Insieme a Parker e Ginobili forma un trio che cambia per sempre la storia della NBA per classe e longevità, un rimanere sempre sulla cresta dell’onda senza precedenti.
Nel 2013 perdono la finale contro i Miami Heat in quello che sembra per tutto il canto del cigno di una squadra irripetibile, ma i vecchi Spurs hanno ancora fame. Nella stagione successiva, con il nostro Marco Belinelli nel roster, tornano ancora alle Finals e ritrovano ancora gli Heat, ma questa volta il finale è quello migliore per la franchigia texana che conquista il quinto titolo della sua storia.
Tim Duncan è il totem di una squadra che sembra in missione e che torna sul tetto del mondo a sette anni di distanza dall’ultima volta. Sarà l’ultimo acuto di quel gruppo incredibile.
Si ritira nel 2016 a quarant’anni, la sua numero 21 viene ritirata pochi mesi dopo il suo addio in una cerimonia speciale con la presenza di tutti i principali componenti di questa storia incredibile.
Tornerà a San Antonio nel 2019 come assistente di Popovich, ma non è nel suo habitat e dopo un solo anno lascia l’incarico.
Un giocatore che ha cambiato la lega per sempre, un’icona del gioco che molto spesso non viene celebrata come meriterebbe per il suo esser poco personaggio.
Tim Duncan è stato uno dei giocatori più intelligenti della storia della NBA, una lega che ha dominato per vent’anni con la voglia di un ragazzino e la classe di un talento senza precedenti.
Stefano Villa – reporter cooperator
Ritratti Sportivi di Stefano Villa: TIM DUNCAN, L’ANIMA DI SAN ANTONIO
