Tre anni fa terminava in maniera drammatica la vita di Kobe Bryant, uno di quei personaggi che hanno dentro qualcosa di diverso dalla media.
Sono già passati tre anni da quel maledetto 26 gennaio 2020 quando l’elicottero che trasportava Kobe Bryant, sua figlia Gianna e altre 7 persone si schiantava al suolo, lasciando un vuoto enorme nella vita di tutti gli appassionati di basket.
Già, perché anche se non lo conoscevi di persona Kobe faceva parte della tua quotidianità attraverso le sue giocate sul parquet rigorosamente in maglia gialloviola Lakers, l’unica indossata in carriera oltre a quella della nazionale USA.
In più la perfetta conoscenza della lingua italiana lo rendeva veramente uno di famiglia per tutti noi. Per questo quando è giunta la notizia della tragedia di Calabazas lo sconforto che ha pervaso il mondo sportivo e non nel nostro paese è stato senza precedenti.
Ognuno di noi ha il suo ricordo di Kobe, tutti noi amanti dello sport con la palla a spicchi conosciamo a memoria le sue imprese con la maglia gialloviola dei Los Angeles Lakers con cui ha conquistato cinque anelli NBA, impresa che ha portato al ritiro delle sue maglie numero 8 e 24. Un altro record che nessuno potrà mai battere.
Personalmente, il primo suo ricordo non è legato alle tante vittorie o alle superbe giocate che hanno segnato il suo cammino nella NBA, ma mi porta agli ultimi anni vissuti dal figlio di Joe “Jellybean” nella lega più competitiva al mondo.
La carta d’identità non è più verdissima e i Lakers non stanno vivendo il loro momento migliore, di playoff non c’è nemmeno l’ombra e lo Staples Center è diventato terra di conquista per molti.
Eppure la sua bramosia è quella dei giorni migliori, in ogni partita ti dà la sensazione che da solo può sconfiggere tutti, in primis il tempo che avanza e gli acciacchi che prendono in ostaggio il suo corpo martoriato da vent’anni vissuti a mille sui parquet di tutto il mondo.
Un personaggio che è stato l’essenza del basket per milioni di giovani in tutto il mondo che si sono avvicinati alla NBA grazie alle giocate ipnotiche per bellezza, classe e fantasia del Black Mamba.
Un uomo che ci ha conquistati con un’etica del lavoro senza precedenti e che ha amato questo gioco alla follia, ricambiato nel migliore dei modi.
I miti però, si sa, non possono invecchiare e vedere svanire nel tempo la loro aura di invulnerabilità.
Kobe rientra certamente in questa categoria di fuoriclasse dello sport e per questo da quel 26 gennaio di tre anni fa guardare una partita di basket non ha più lo stesso sapore.
Stefano Villa-contg.news
❗️Ritratti Sportivi di Stefano Villa ❗️QUANTO CI MANCA KOBE BRYANT
